Sei a una cena romantica e sogni di atteggiarti a vero e proprio sommelier provetto? Attenzione, c’è un gesto che rischia di rovinare i tuoi piani.
Scena tipo. Cena a lume di candela. Lei in abito elegante, lui in giacca e cravatta, candele sul tavolo e, ovviamente, l’immancabile bottiglia di vino.
Se lui è il classico “uomo di altri tempi” avrà voluto scegliere l’etichetta personalmente, magari facendo sfoggio di una certa competenza nel settore. Ecco allora che, quando il sommelier porta la selezionatissima bottiglia a tavola, al lui di turno non resta che sfoggiare tutto il suo sapere. Ed è proprio qui che casca l’asino.
Già perché proprio il momento dell’assaggio può esser la vera cartina tornasole, quel passaggio fatidico che consente a un occhio veramente esperto di distinguere chi di vino se ne intende da chi invece sta solo, ammettiamolo, facendo un po’ di scena.
Non tutti lo sanno infatti ma c’è un gesto che è a dir poco rivelato, un piccolo e semplice movimento che, se fatto o meno, contraddistingue il vero sommelier da un appassionato con poche certezze. Avete capito di che cosa stiamo parlando? Se avete ancora qualche dubbio stiamo per spiegarvi ogni cosa.
Il gesto che può smascherare tutti i finti “esperti di vini”
L’assaggio del vino è a tutti gli effetti una vera e propria arte, un insieme di gesti ben ponderati e molto più articolati di quanto un occhio inesperto possa cogliere.
Come tutti i veri sommelier, ma anche i più esperti appassionati, ben sanno, l’assaggio del vino inizia da una serie di analisi, prima fra tutte quella visiva.
Il vino va osservato, possibilmente su uno sfondo bianco capace di esaltare le sue sfumature, la limpidezza e la luminosità. “Anche l’occhio vuole la sua parte” qui è la vera e propria regola d’oro.
Completata l’analisi visiva si passa all’olfattiva e qui le cose si complicano notevolmente. Il vino va infatti scoperto in tutti i suoi sentori e, se è ammissibile che comprendere a pieno è questione di vero e proprio allenamento (il naso va affinato), è altrettanto vero che alcuni piccoli gesti possono aiutare.
Qui entra infatti in campo uno dei movimenti che più di tutti contraddistinguono il sommelier nell’immaginario collettivo: il vino fatto ruotare nel bicchiere. Ma perché si compie questo gesto? I motivi sono essenzialmente due: verificare la fluidità del prodotto e aiutare la sua apertura.
Ruotando nel bicchiere, il vino disegna infatti una serie di archetti su tutta la superficie: più questi sono stretti più il vino sarà alcolico e, dunque, corposo.
E l’apertura? Il vino, come chi lo ama ben sa, si dice debba aprirsi nel bicchiere, intendendo che, prendendo ossigeno, esso riesce a esprimere sentori sempre diversi e sempre più complessi. La rotazione nel bicchiere mira proprio a ossigenare dunque la bevanda. Ma siamo sicuri che sia sempre la mossa giusta da fare? Un’eccezione in effetti c’è e molto importante.
I vini da far ruotare nel bicchiere sono infatti solo e soltanto i vini fermi, bianchi o rossi che siano. Se avete optato per un calice di bollicine il movimento rotatorio è infatti severamente vietato.
Quando si approcciano prosecco, champagne o spumante essenziale è analizzare il perlage, la catena di bollicine che si sviluppa nel bicchiere. Per fare ciò ovviamente il prodotto non va assolutamente fatto ruotare, un gesto che rovinerebbe la peculiare caratteristica della bottiglia scelta.
Se dunque per la cena romantica di turno si è scelto di pasteggiare con un bel calice di spumante, be’, evitiamo di scivolare sulla buccia di banana della rotazione nel bicchiere: l’errore sarebbe a dir poco fatale.