Il Senato italiano discute l’integrazione dei vitigni resistenti nelle DOC e DOCG, un passo cruciale per il futuro della viticoltura sostenibile e competitiva in Italia
Il 3 dicembre 2024, la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro a Roma ha ospitato il convegno “Vitigni Resistenti”, un evento di grande rilevanza promosso dal Senatore Pietro Patton. Al centro del dibattito, la possibilità di includere i vitigni Piwi nelle denominazioni DOC e DOCG italiane, un passo che potrebbe rivoluzionare il settore vitivinicolo nazionale.
Vitigni resistenti: il Senato lavora a un disegno di legge
Il Senatore Patton ha presentato un disegno di legge per modificare l’art. 33, comma 6 del Testo Unico del Vino (legge 238/2016), che attualmente vieta l’uso di vitigni resistenti nelle denominazioni di origine protetta e garantita. Questo vincolo è stato definito da molti esperti come obsoleto, soprattutto considerando il panorama internazionale.
In Paesi come Francia e Germania, i vitigni Piwi sono già integrati nelle produzioni DOC, con un’attenzione particolare alla qualità e alla sostenibilità ambientale. Il convegno ha offerto uno spazio per discutere le opportunità che questi vitigni rappresentano, sia dal punto di vista ambientale sia economico.
L’intervento di Marco Stefanini, Presidente di PIWI Italia e ricercatore della Fondazione E. Mach, ha tracciato le origini e l’evoluzione dei vitigni resistenti. Questi ultimi, sviluppati tra il XIX e il XX secolo, hanno trovato una soluzione alle malattie fungine, come oidio e peronospora, che devastavano le coltivazioni europee. Grazie agli incroci tra le viti americane, naturalmente resistenti, e la Vitis vinifera, nota per la qualità dei suoi vini, sono nate varietà ibride con caratteristiche uniche.
Oggi, i Piwi moderni vantano un patrimonio genetico composto per oltre il 95% da Vitis vinifera, avvicinandosi sempre più ai vitigni tradizionali in termini di qualità. Tuttavia, l’Italia rimane indietro rispetto ad altri Paesi: mentre Francia, Germania e Svizzera hanno registrato rispettivamente 43, 75 e oltre 100 varietà resistenti, l’Italia ne conta solo 36, con una superficie coltivata che varia tra i 2.000 e i 3.000 ettari.
L’intervento di Yuri Zambon, direttore di VCR – Vivai Coop. Rauscedo, ha messo in luce come i giovani consumatori, in particolare i millennials e la Gen Z, siano sempre più orientati verso vini certificati sostenibili. Un’indagine Nomisma ha rivelato che il 93% dei nati dopo il 2000 preferisce vini sostenibili a quelli biologici. I Piwi rappresentano una risposta efficace a questa domanda, riducendo drasticamente l’uso di fitofarmaci e migliorando la sostenibilità complessiva delle aziende vitivinicole.
Zambon ha sottolineato come la Francia stia già includendo queste varietà nelle sue denominazioni più prestigiose, come Champagne e Bordeaux, mentre in Italia le normative attuali ne impediscono l’integrazione nelle DOC.
Vincenzo Betalli, rappresentante di CIVIT – Consorzio Innovazione Vite, ha evidenziato i principali ostacoli normativi in Italia. L’iscrizione di nuove varietà al Registro Nazionale delle Varietà di Vite richiede il superamento di complessi test DUS (Distinzione, Uniformità e Stabilità), con iter burocratici che possono durare fino a sei anni. Inoltre, le autorizzazioni per la coltivazione sono delegate alle regioni, aumentando ulteriormente i tempi di attesa.
A confronto, Paesi come la Francia vantano procedure più snelle, che consentono di coltivare e commercializzare le varietà resistenti con maggiore rapidità, rafforzando la loro competitività sul mercato internazionale.
Riccardo Velasco, vicepresidente di PIWI Italia e direttore di CREA-VE Conegliano, ha presentato le ultime innovazioni nel campo della genetica e della metabolomica. Queste tecnologie permettono di analizzare i profili metabolici delle uve, garantendo che le varietà resistenti mantengano le caratteristiche qualitative delle denominazioni tradizionali.
Un esempio concreto è rappresentato dal Consorzio di Tutela del Prosecco DOC, che ha iniziato a investire nei vitigni resistenti. Durante il Vinitaly 2023, sono state presentate le prime bottiglie prodotte con uve Glera resistenti, un passo significativo verso un futuro più sostenibile per il settore.
Il convegno ha ribadito l’importanza dei vitigni resistenti per garantire una viticoltura sostenibile e competitiva. Tuttavia, il successo di questa transizione dipenderà dalla capacità dell’Italia di adeguare le sue normative, eliminando barriere obsolete che penalizzano il settore.
Grazie al contributo della ricerca scientifica e alla crescente attenzione del mercato verso pratiche sostenibili, i Piwi rappresentano una risorsa preziosa per il futuro del vino italiano. Integrarli nelle denominazioni di origine consentirebbe di coniugare tradizione e innovazione, preservando il patrimonio enologico del Paese e rispondendo alle sfide globali legate al cambiamento climatico.