In un angolo della Sicilia si ritorna alle origini del Marsala: un’antica tradizione siciliana che riporta alla luce il vino Perpetuo, nome che esplica la modalità con cui nasce questo nettare.
Un’antica tradizione siciliana che precede di molto la storia del Marsala, divenuto poi uno dei vini più famosi al mondo, complice l’avventuriero inglese John Woodhouse che, a causa di una tempesta, nel 1773 attraccò al porto del paesino siciliano e scoperto il Perpetuum decise di portarlo in Inghilterra addizionandolo con l’alcol, per conservarlo al meglio fino alla destinazione.
Ma quella del Marsala è storia nota, mentre quella del Perpetuo invece viaggia su un terreno di racconto meno battuto, ma che custodisce una forza narrativa capace di comprendere le radici della nostra cultura.
Da sempre un prodotto da custodire in famiglia che nasceva dalle vite ad alberello, una tecnica di coltivazione che favorisce la verticalità, garantendo in terreni siccitosi la conquista da parte della radici del sottosuolo, dove trovano sostanze nutrienti utili per la crescita.
Si tratta di un vino tenuto in una singola botte idealmente in eterno, così da avere la perpetuazione dello stesso che rimane sempre all’interno della stessa botte (solitamente di castagno e rovere per ogni annata), la quale invecchia in simbiosi con il vino che contiene.
Ogni volta che un po’ di vino viene prelevato, viene integrato con del nuovo, preferibilmente dello stesso tipo: stiamo parlando di una sorta di rabbocco perpetuo con le vendemmie più recenti, tecnica antica conosciuta da molti con il nome di metodo Soleras.
Sin dai tempi dei primi colonizzatori fenici e cartaginesi, il perpetuo era il vino delle famiglie contadine di Marsala, il vino del popolo utilizzato come derrata alimentare per il pagamento del lavoro nei campi.
Questo esempio, unico nel suo genere, veniva realizzato anticamente tramite una particolare tecnica di invecchiamento per l’epoca, quella della permanenza in botte in eterno.
Inoltre il territorio è unico, con la particolarità dei suoli e del clima, le tecniche di coltivazione, l’età dei vigneti – con vigne vecchie di oltre trent’anni che generano uve sane a perfetta maturazione e con gradazioni alcoliche elevate tra i 17-19% di volume.
La vinificazione con macerazione delle bucce e pressature energiche permettevano quindi di ottenere dei mosti e vini ricchi di polifenoli ed estratti.
Questo vino naturale è frutto di uve Catarratto e Inzolia, presenta un colore giallo ambrato con riflessi oro ed è limpido nonostante non sia filtrato.
Lo spettro olfattivo è ampio ed evoluto: è possibile riconoscere tabacco, caffè, cacao, scatola di sigari, frutta secca tostata, miele, cera, iodio e resina che vira su sentori eterei come smalto. L’ossidazione non è invadente e nobilita il naso. Lo speziato è prevalentemente dolce in alcuni casi piccante.
Il fruttato è secondario e dato da albicocca appassita, carrube, datteri e fichi secchi e destinato a ridimensionarsi ulteriormente col prolungarsi dell’affinamento. Floreale e vegetale quando presenti richiamano fiori secchi ed erba secca.
Sul finire in alcuni casi anche sentori di affumicato, cenere e caramello. L’ingresso in bocca è potente con una alcolicità importante che si confronta con acidità e sapidità estreme. L’ossidazione, in armonia, rende il sorso impegnativo, ma non difficile.
La piacevolezza degli aromi di bocca si ripropongono in sequenza tutte le sensazioni olfattive, con grande coerenza. La piacevolezza si prolunga oltre ogni aspettativa ed appaga completamente.
I vini generati con questa tecnica venivano consumati dalle famiglie degli agricoltori tradizionalisti, ma venivano anche conservati, diventando così nel tempo un patrimonio inestimabile per le famiglie, poiché poteva diventare la dote per un figlio che contraeva matrimonio e al quale veniva affidato il compito e la responsabilità di tramandare nel tempo il perpetuo, oppure lo si utilizzava per festeggiare grandi occasioni e ricorrenze.
Il Perpetuo, antenato dunque del Marsala, viene oggi prodotto da piccoli produttori, tra cui Giacomo Ansaldi, il quale è riuscito a recuperare un piccolo patrimonio considerato la più grande collezione al mondo di vini perpetui prodotti a Marsala.
Anche la Cantina Marco De Bartoli, il quale ha lasciato questa Terra nel 2011 all’età di 66 anni, è andato alla ricerca come di altre annate preziose. Girando tra le famiglie marsalesi e del trapanese è riuscito a recuperare botti spesso dimenticate, costruendo un patrimonio dal valore storico e sociale unico.
Riportare il Perpetuo, vino senza tempo, ai fasti di un tempo è stata la sua missione che continua a camminare, con nuovi visioni, nel fare attento dei suoi figli Renato, Sebastiano e Giuseppina.
Oggi il Perpetuo rappresenta non solo un vino, ma una storia da conoscere che vede tanti produttori della zona impegnati a raccontarla prima in botte e poi in bottiglia.
Una storia che resiste, che non cede il passo facile alle tentazione di tempi veloci e più immediati. Così capita che degustandone un calice si finisca a riflettere sul valore degli anni, delle attese e dell’atto sempre più raro del custodire.
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