Se si parla di vino e Medioevo, è impossibile non citare Dante, il quale ci regala la definizione: “Il vino nasce dalla fusione perfetta fra il calore del sole e gli umori terrestri della vite”.
Questa citazione ci introduce nella mentalità dell’uomo medievale, per il quale il vino è vino da bere, da commercializzare, ma diventa anche il sangue di Cristo, simbolo religioso per eccellenza, denso di significati e di sfaccettature.
Il vino come abuso o vizio è osteggiato dalla Chiesa che, nello stesso tempo, lo rende protagonista del suo rito religioso, contribuendo alla diffusione della sua produzione. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo la storia parlando del vino nel Medioevo.
La viticoltura cominciò a decadere dopo il trasferimento della capitale da Roma a Bisanzio, a seguito delle invasioni barbariche del 400-500 d.C, che portarono all’abbandono della campagne e dunque anche della coltura della vite.
Durante il regno dei Longobardi, fino all’800, la viticoltura era in piena decadenza e in molti luoghi dove c’era la coltivazione della vite e la produzione e il consumo di vino furono completamente abbandonati. Inoltre le dominazioni Arabe nel sud dell’Europa (600-1000 d.C) causò un ulteriore ridimensionamento della viticoltura.
Il Corano non vietava la produzione di uva, ma il consumo di alcool, ma la facilità di ottenere vino dall’uva indusse lo sradicamento di una grande quantità di vigne, e i vini di qualità divennero un ricordo di tempi antichi.
Fu solo dopo la Pace di Costanza del 1183 che vi fu un primo risveglio nell’agricoltura e una notevole ripresa del settore vitivinicolo. A quell’epoca erano noti e ricercati il Greco di Napoli, il Turpia e il Cutrone di Calabria e il Patti di Sicilia.
Grazie al Cristianesimo però la viticoltura ebbe ottimi protettori negli Ordini Religiosi, soprattutto nei Benedettini, grazie al valore simbolico che era attribuito al vino nella liturgia.
Durante il Medioevo infatti conventi e abbazie divennero dei veri e propri centri vitivinicoli e il cattolicesimo ereditò le tradizioni pagane relative all’uso rituale del vino e facilitò l’impianto e la coltivazione dei vigneti in situazioni a volte molto difficili, come in Bretagna, Normandia, Inghilterra e Belgio.
Così gli ordini religiosi continuarono a coltivare la vite, mentre i missionari estendevano e incoraggiavano la sua coltivazione nelle regioni dove si recavano, favorendo l’impianto dei vigneti per avere il vino sul posto.
La necessità di disporre di vino di qualità per celebrare la Santa Messa contribuì all’espansione della viticoltura: fino al 1200-1300 durante la celebrazione della messa il vino era bevuto non solo dal brete, ma anche da tutti i partecipanti al rito.
Con il tempo i monaci dell’epoca cercarono sempre più di produrre vini di buona qualità e di avere buone rese unitarie anche per accrescere le entrate dei loro ordini. A questo si deve il fatto che numerosi crus francesi come Chateauneuf-du-Pape, Clos de Bèze, La Roche-au-Moines e molti altri abbiano origine ecclesiastica.
Fra gli anni 500 e 1000, anche la nobiltà contribuì alla diffusione e conservazione della viticoltura: la nobiltà e le classi emergenti erano orgogliose di offrire nei banchetti vini prodotti nei loro vigneti.
Nel nord Europa i vigneti venivano coltivati soprattutto lungo i fiumi, data la facilità del trasporto su acqua, e tra il XII e il XVI secolo la Repubblica di Venezia ebbe il monopolio del commercio dei vini che provenivano dai paesi meridionali e dalle isole – in particolare dalla Sicilia, Cipro, Creta e dalle isole Greche – con destinazione principale i ricchi mercati del Nord Europa.
Questi vini erano ottenuti dalla vinificazione di uve appassite al caldo sole del sud: il Moscato Passito di Pantelleria, la Malvasia delle Lipari e di Bosa e il Primitivo di Manduria sono in questo modo giunti fino ai giorni nostri, e il vino divenne una bevanda comune che tutti o quasi assaporavano senza distinzioni di età e rango.
I vigneti venivano piantati scavando solchi profondi con l’aratro e utilizzando tralci dell’anno prima oppure le barbatelle. La delimitazione e la recinzione dei terreni vitati aveva lo scopo di protezione verso animali o ladri, favorendo le coltivazioni non troppo estese con rese importanti e di qualità.
Le vigne divennero più produttive e le viti erano potate e crescevano come piccoli alberelli. Il vignaiolo intanto diventava sempre più uno specialista, imparando le diverse fasi cruciali della viticoltura come l’impianto, la potatura, l’installazione di sostegni, la zappatura e la torcitura.
Con Carlo Magno, ancora nell’Alto Medioevo, ci fu l’emanazione dell’importante Capitulare de Villis – scritto tra il 770 e l’800 per riordinare l’intero e immenso patrimonio del sovrano carolingio – e fu in questa occasione che il mondo del vino venne disciplinato e vennero introdotte le prime regole per la vinificazione, le quali prevedevano la pulizia dei vasi vinari e la torchiatura dell’uva – che fino a quel momento si era sempre pigiata con i piedi -.
L’uva continuava a essere pigiata con i piedi dal popolo, ma le grandi tenute dei nobili e della chiesa disponevano di torchi per estrarre il mosto rimasto nelle vinacce, ottenendo un vino più ricco di tannini e di colore, che consentiva un più lungo invecchiamento, pur rendendolo meno adatto al pronto consumo.
In genere il vino veniva conservato insieme alle fecce – cellule morte di lieviti -, per cui nel periodo primaverile la maggior parte dei vini cominciava ad alterarsi e il loro prezzo di abbassava; dunque si cercava di vendere i vini il più presto possibile per spuntare prezzi migliori.
Il problema della conservazione del vino sorse nel 1200, quando le anfore sigillate furono sostituite dalle botti di legno e si prolungò fino al XVII secolo, ossia fino all’arrivo delle bottiglie di vetro, ma soprattutto dei tappi di sughero, che sostituirono quelli di legno avvolti nella stoppa.
Il vino nell’Alto Medioevo era di basso grado alcolico, spesso allungato con acqua o con il mosto cotto e aromatizzato con spezie, frutta e altro ancora. Mentre nel Basso Medioevo, tra gli anni 1200 e 1300, si era in piena età comunale durante la quale le città fiorivano grazie al commercio.
Il vino fece il primo vero salto di qualità con l’introduzione della selezione dei vitigni e dei processi di vinificazione separata delle uve bianche e rosse, della vinificazione delle uve appassite e della durata della macerazione dei mosti sulle vinacce.
Un vino con queste caratteristiche non doveva più essere annacquato o adulterato e di fatto vennero poste le prime basi per quella che oggi è l’Enologia, ossia la scienza che studia la trasformazione dell’uva in vino.
Ormai il nettare era sempre più soggetto a regole precise e sottoposto a un trattamento controllato nelle sue diverse fasi di produzione.
Ma per la bottiglia e i bicchieri di vetro bisognerà aspettare l’età moderna, mentre per tutto il Medioevo il vino veniva bevuto in coppe di metallo o di legno.
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