Come per il mondo, anche per il vino le ere si succedono nel tempo. Se nel passato sono esistite l’era classica e l’era moderna, oggi ne viviamo una del tutto diversa e nuova: quella del vino postmoderno, legata a doppio filo con la contemporaneità. Oggi forse ci si è lasciati alle spalle anche il postmodernismo per entrare in una nuova fase: il metamodernismo. Ma quali sono le caratteristiche di questo nuovo periodo che sta vivendo il vino, qual è il suo significato? Ad analizzare e spiegare e a riflettere su cosa sta accadendo è Jacopo Manni su intravino.com.
Nel contesto italiano, possiamo fare alcune interessanti associazioni. Biondi-Santi, come il figlio prediletto dell’era classica, ha portato con sé tradizione e nobiltà. D’altra parte, Sassicaia, campione dell’era moderna, ha rivoluzionato l’approccio al vino con innovazione e audacia. Ma cosa dire del movimento del vino “naturale”? Questo movimento, proprio come il postmodernismo, è un prodotto diretto del nostro tempo – spiega Manni – Il postmodernismo è emerso come un nuovo modello di pensiero, caratterizzato da una visione di modernità che si basa sulla rottura netta con il passato. Nel mondo del vino, questo concetto si è tradotto in una rinascita dell’artigianalità e della sperimentazione. Negli ultimi trent’anni, abbiamo assistito alla crescita di una generazione di vini che abbracciano la terra, l’autenticità e la spontaneità. Questi vini, spesso definiti “naturali”, sono figli di questa nuova concezione e visione del mondo.
Tuttavia, il vino naturale non è immune al cambiamento. Come ogni movimento, ha subito evoluzioni e adattamenti. Alcuni sostengono che sia praticamente morto, mentre altri vedono solo una trasformazione. Quello che è certo è che il vino naturale ha bisogno di un nuovo racconto. Dobbiamo trovare nuove parole per descrivere ciò che sta accadendo sotto i nostri nasi, per comprendere meglio questa continua evoluzione.
In conclusione, il vino postmoderno, con la sua fusione di tradizione e innovazione, ci invita a esplorare nuove prospettive e a gustare il mondo in modo diverso. Forse, proprio come il vino stesso, anche il concetto di postmodernismo è destinato a evolvere e a sorprenderci ancora.
Il metamodernismo è un concetto che si muove al di là del postmodernismo, aprendo nuove prospettive nel mondo della filosofia, dell’estetica e della cultura. Luke Turner, nel suo “Metamodernist Manifesto” (scritto già nel 2011), sostiene che le fluttuazioni siano un ordine naturale delle cose. Nell’era metamoderna, viviamo serenamente immersi in oscillazioni tra posizioni con idee diametralmente opposte. È un’epoca di ossimoro continuo, in cui tutto e il contrario di tutto possono coesistere, e proprio questa complessità è affascinante.
Se il vino postmoderno è dicotomico, con forze opposte del naturale che combattono contro quelle del convenzionale in una sorta di eterna lotta di classe e di solfiti, il vino nato in epoca metamoderna è figlio di una matura consapevolezza. Questo concetto riconosce che le lotte ideologiche e dialettiche spesso distruggono ciò che toccano.
Il metamodernismo celebra le differenze tra fazioni e si sublima nei contrasti tra mondi opposti. È presente nel cinema e nell’estetica di Wes Anderson, nelle serie TV apparentemente surreali come Atlanta o Fleabag, nel film Barbie di Greta Gerwig e nei libri di Zadie Smith e David Foster Wallace.
Quindi, la prossima volta che vi troverete a bere uno Champagne di maison accanto a un pecorino rifermentato con metodo ancestrale e un’etichetta super pop – conclude Manni su intravino.com – tutto avrà immediatamente molto più senso. Il metamodernismo ci invita a esplorare nuove prospettive, a cogliere le sfumature e a gustare il mondo in modo diverso.
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