Negli Stati Uniti si accende il dibattito tra consumo zero e moderazione del vino: rischi, benefici, cultura e scienza a confronto in una discussione ancora aperta
Negli Stati Uniti, il tema del rapporto tra vino e salute continua a essere al centro di un acceso dibattito. Le posizioni sul consumo di alcol sono polarizzate: da una parte ci sono i sostenitori del “consumo zero”, che si rifanno alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) secondo cui qualsiasi quantità di alcol è dannosa per la salute. Dall’altra parte, i fautori di un consumo moderato richiamano la Dieta Mediterranea e i suoi benefici, supportati da studi scientifici che evidenziano come piccole quantità di vino possano avere effetti positivi, specialmente per la salute cardiovascolare.
Vino e salute: è ancora dibattito negli Stati Uniti
Questa discussione, oltre a riflettere divergenze scientifiche, mette in evidenza un cambiamento culturale e sociale. Il consumo di vino, un tempo considerato parte integrante di uno stile di vita sano e conviviale, è oggi oggetto di campagne di sensibilizzazione e nuove linee guida che ne scoraggiano l’uso. Uno dei principali promotori di questo dibattito è il New York Times, uno dei quotidiani più autorevoli al mondo, che dedica spesso spazio a opinioni contrastanti, offrendo una piattaforma per voci che spaziano dalla scienza alla poesia del vino.
Tra i contributi più recenti al dibattito spicca l’articolo di Boris Fishman, scrittore e autore del romanzo Savage Feast. Il titolo provocatorio del suo articolo, “You’ll Have to Take My Glass From My Cold, Wine-Stained Hand” (“Dovrai togliermi il bicchiere dalla mano fredda e macchiata di vino”), suggerisce una resistenza appassionata alla crescente demonizzazione dell’alcol.
Fishman vede nel vino molto più di una semplice bevanda: per lui, è un ponte verso ricordi, cultura e connessioni emotive. Racconta come, durante un viaggio a Istanbul, il profumo di un vino turco lo abbia trasportato indietro nel tempo, alla cucina della nonna a Minsk, in Bielorussia. Quei profumi di marmellata di lamponi e ricordi d’infanzia evocati da un bicchiere di vino sono, per Fishman, la dimostrazione che il vino è capace di andare oltre la dimensione materiale, per toccare le corde più profonde dell’anima.
Fishman riconosce i rischi per la salute associati al consumo di alcol, ma difende il vino come simbolo di bellezza, tradizione e cultura. Citando il produttore francese Louis Barruol, la cui famiglia coltiva la terra da 15 generazioni, Fishman sottolinea l’importanza di preservare la sacralità del vino e delle sue radici. “In un’epoca in cui tutto sembra rapido e privo di magia, il vino rappresenta un’esperienza sublime e senza tempo,” afferma lo scrittore, invitando i lettori a riflettere sul significato più profondo di un bicchiere di vino condiviso.
Sul fronte opposto del dibattito, Susan Dominus, altra firma autorevole del New York Times, ha pubblicato un articolo intitolato “Quel drink vale la pena per voi?”. Il pezzo, accompagnato dall’immagine di un calice di vino con uno stelo a forma di gambo di rosa con spine, riflette l’ambivalenza del tema: il vino è tanto affascinante quanto potenzialmente pericoloso.
Dominus sottolinea che, secondo la scienza, non esiste un livello di consumo di alcol completamente sicuro. Tuttavia, invita i lettori a riflettere sul concetto di rischio personale: fino a che punto il piacere di un bicchiere di vino può giustificare un potenziale danno alla salute?
Anche le linee guida ufficiali riflettono un approccio sempre più restrittivo. In Canada, per esempio, il consumo di uno o due bicchieri di vino a settimana è considerato “a basso rischio”, mentre tre o sei bicchieri settimanali rientrano nella categoria del “rischio moderato”. Tuttavia, si ribadisce che nessuna quantità di alcol può essere considerata completamente priva di conseguenze per la salute, incoraggiando la popolazione a ridurre ulteriormente il consumo.
Tra i difensori del consumo moderato spicca Eric Asimov, critico enologico del New York Times, che invita a considerare il vino non solo dal punto di vista sanitario, ma anche per il suo valore culturale e sociale.
“Non ho mai bevuto vino pensando che fosse salutare,” ammette Asimov. “Ma non lo temo, se consumato con moderazione. Ognuno dovrebbe avere il diritto di scegliere, tenendo conto non solo dei rischi, ma anche della bellezza e della gioia che il vino porta con sé.”
Paragonando il consumo moderato di vino ad altre attività quotidiane che comportano rischi, come guidare o praticare sport, Asimov critica l’eccessiva demonizzazione dell’alcol. Per lui, il vino rappresenta un elemento di connessione e un’opportunità per celebrare la vita, al di là delle fredde statistiche.
A favore del consumo moderato si schiera anche Laura Catena, medico laureato ad Harvard e Stanford e viticoltrice di quarta generazione presso la Bodega Catena Zapata in Argentina. Con la sua iniziativa “In Defense of Wine”, Catena mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di un approccio equilibrato.
“La mia prospettiva sul vino e la salute si è evoluta con la ricerca scientifica,” spiega Catena. “Oggi sappiamo che il consumo leggero o moderato di alcol presenta sia benefici che rischi.” Secondo una ricerca pubblicata su The Lancet nel 2022, per le persone sopra i 40 anni, il consumo moderato può ridurre i rischi di malattie cardiovascolari, demenza e persino di alcuni tipi di cancro.
Catena riconosce, però, che il consumo eccessivo è dannoso e sottolinea l’importanza della moderazione. Lei stessa consuma uno o due bicchieri di vino alla settimana, preferibilmente in occasioni conviviali con amici e famiglia. “Per me, i benefici cardiovascolari superano il leggero rischio di cancro,” afferma, spiegando che questa decisione è stata presa in accordo con il suo medico.
Il dibattito sul vino e la salute è complesso e in continua evoluzione. Da un lato, le campagne anti-alcol stanno spingendo verso una riduzione drastica dei consumi, evidenziando i rischi associati anche a piccole quantità di alcol. Dall’altro, ci sono voci che difendono il vino non solo come alimento, ma come simbolo di cultura, identità e piacere.
Le future ricerche scientifiche potrebbero fornire nuove risposte, ma è improbabile che il tema venga risolto in modo definitivo. Il vino non è solo una questione di numeri e dati, ma anche un’esperienza che tocca corde emotive e culturali profonde.
In un mondo sempre più orientato al controllo e alla minimizzazione dei rischi, il vino rimane per molti una scelta consapevole di indulgenza, un atto che celebra la bellezza della tradizione e il valore della convivialità.