Qui non è nemmeno questione di sinestesia, è proprio delirio. Però in tempi pesanti come questi ce ne è un gran bisogno. Come mamma di una ragazzina di undici anni ho maturato una certa esperienza in quanto a tipicità umane, vicende, caratteri fisionomici e temperamento delle Principesse Disney. Visto che parallelamente ho indagato le stesse tematiche nel mio ambiente vinoso è venuto spontaneo pensare a un legame, apparentemente folle, tra i due mondi.
E così, un vino che sa di mele, cannella, pan di zenzero e biscotti, sicuramente dolce (suggerisce mia figlia), richiama alla mente l’ingenuo profilo di Biancaneve, espressione di tenerezza e serenità. Possiamo pensarci bevendo un Cannellino di Frascati o un Moscato di Terracina Amabile a fine pasto con pasticceria secca o crostatine alla frutta (anche se in molti stavate pensando al vin brûlé).
Un vino semplice, senza pretese, quasi fatto in casa, può certo ricordare le vicende di Cenerentola, pura e sognatrice. Attingiamo qui a spumanti prodotti con rifermentazione naturale in bottiglia, con il metodo cosiddetto ancestrale. Aspettando che il sogno della trasformazione (qui da vino fermo a vino spumante) si realizzi nel buio e nel silenzio di una cantina.
Un vino rosso dai profumi metallici e ferrosi ma dalla beva elegante e succosa rievoca il malefico fuso della Bella Addormentata nel Bosco. Come Aurora, vini di tale fattura sono spesso nascosti al grande pubblico. Si pensi qui ai vini a base Nebbiolo di alcune piccole denominazioni di origine dell’Alto Piemonte (Gattinara anzitutto, e in parte Boca e Bramaterra).
I vini impressionanti per forza marina sia al naso sia al gusto, spesso bianchi e rari, come quelli provenienti dalle piccole isole italiane (Ponza e Ventotene, Ischia e Capri, Elba o Isola del Giglio) e da alcune fasce costiere (dalle Cinque Terre o dal Cilento per esempio) sono ovviamente associabili con slancio ad Ariel, la Sirenetta. Le si possono avvicinare inoltre anche per i tratti di indipendenza e coraggio.
Poi ci sono i grandi classici, come i libri letti e riletti da Belle nella biblioteca della Bestia. Barolo, Barbaresco, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Montefalco Sagrantino, Amarone della Valpolicella e Taurasi. E alcuni, quelli con respiro più arioso e raffinato, profumano anche di rosa, non necessariamente appassita o in pot-pourri.
La regalità della principessa Jasmine si accorda con la sontuosità aromatica dei grandi vini rossi a base dei vitigni internazionali Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot o Syrah, spesso cofanetti di fragranze intense. A parte la ricchezza fruttata, ricorrono i richiami a timbri balsamici, alle spezie e alle essenze orientali, al legno di cedro o a quello di sandalo.
I vini del Nuovo Mondo possono senza dubbio essere rappresentati da Pocahontas, nativa americana realmente esistita e nata in Virginia (1595-1617). Pare che proprio in Virginia agli inizi del diciassettesimo secolo fu individuato uno dei luoghi adatti alla coltivazione della vite portata dagli europei a seguito della colonizzazione del secolo precedente.
La tagliente e controversa Mulan, legata fortemente alla tradizione del suo popolo e all’affermazione della sua valorosa identità femminile, può dar voce ai vitigni autoctoni rossi del nord est italiano. Spesso bistrattati per la loro tenacia gustativa irruenta per acidità ma carichi di genuinità e versatilità, soprattutto a tavola. Si pensi al Refosco di Faedis, al Terrano del Carso in Friuli Venezia Giulia o al Raboso nel trevigiano.
Il mito del legame tra il mondo umano e quello anfibio della principessa Tiana rivive in molti vini dolci prodotti nella nostra Penisola. Le pratiche di appassimento in pianta, al sole, nei fruttai o tramite attacco della muffa nobile portano alla disidratazione dell’acino e a una apparente perdita di bellezza estetica dell’intero grappolo, che si mostra scarno, raggrinzito, malato e spesso macchiato. Ma proprio in questa trasformazione è racchiuso il miracolo della produzione del nettare più delizioso e bramato.
C’è poi da immaginare che un lunghissimo filo dorato tra i biondi capelli di Rapunzel metta insieme tutti i più carismatici vini bianchi italiani. Il Verdicchio di Matelica e quello dei Castelli di Jesi, il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo, il Timorasso e l’Erbaluce, la Vernaccia di San Gimignano e l’Albana in Romagna, i Vermentino liguri, toscani e sardi e i vini bianchi del Collio e dei Colli Orientali del Friuli fino ad arrivare, anche pedalando, sulla strada del vino dell’Alto Adige. E potremmo citarne ancora.
Come Ariel chiama mare, così Anna ed Elsa di Frozen chiamano ghiaccio. Esistono i cosiddetti “vini del ghiaccio”, eiswein in tedesco, icewine in inglese o vin de glace in francese. Sono quei vini ottenuti dalla fermentazione di grappoli congelati, vendemmiati quando la temperatura scende sotto lo zero. Molto diffusi in Canada, in Germania, Austria e Repubblica Ceca. Più rari da noi.
Il rosso acceso dei capelli di Merida, in Ribelle, la sua indole indomabile e imprevedibile e il suo atteggiamento sprezzante dei pericoli chiamano l’accostamento con qualcosa che ribolle dal di dentro. Troviamo un ingaggio qui per i vini dei vulcani, quelli prodotti alle pendici dell’Etna, del Vulture, di Roccamonfina, del Vesuvio e sui Campi Flegrei, e anche quelli prodotti sui Castelli Romani, che coronano il quiescente Vulcano Laziale. Fino ad arrivare nelle regioni settentrionali alla ricerca dei vini dei Monti Lessini, del Soave, del Gambellara e dei Colli Euganei.
Un mondo oceanico da scoprire, infine, è quello dei Metodo Classico prodotti ormai con successo in tutta la Penisola (Alta Langa, Trentodoc, Franciacorta per citarne alcuni tra i più affermati). Spumeggianti come le onde dell’oceano affrontate senza paura dalla principessa Vaiana.
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