Quando si acquista una bottiglia di vino o quando si sceglie un calice al ristorante bisogna avere le idee chiare e sapere bene qual è la differenza tra vino dolce e vino secco.
Si può sentire già sulla punta della lingua, ma se il vino è secco non significa che non contenga zucchero e automaticamente abbia un sapore acido: normalmente il grado di dolcezza del vino viene indicato sulla retroetichetta della bottiglia o nella descrizione del vino.
Ma in generale vino dolce e vino secco hanno delle specifiche tecniche: un vino secco ha un contenuto di zucchero residuo inferiore a 4 gr per litro, mentre un vino dolce ha un contenuto di zucchero residuo superiore a 45 gr per litro. Questo è ciò che si legge nella scheda di degustazione del vino italiano e inoltre un vino può essere anche abboccato (fino a 12 g/L) o amabile (fino a 45 g/L).
Il tenore zuccherino residuo determina il grado di dolcezza di un vino, quindi se si tratta di un vino secco, abboccato, amabile o dolce. Dunque con il termine contenuto zuccherino residuo o dolcezza residua si intende lo zucchero presente nell’uva che non è stato fermentato in alcol una volta che è stato deliberatamente interrotto il processo di fermentazione.
La fermentazione alcolica viene interrotta, ad esempio, per raffreddamento, per filtrazione o per aggiunta di zolfo o alcol. Bisogna sottolineare che anche il vino più secco contiene una certa percentuale di zucchero, poiché non esistono (o quasi) ceppi di lieviti che possano fermentare completamente lo zucchero.
Il residuo di zucchero superiore ai 45 gr per litro lo ritroviamo nei passiti, nei vini liquorosi o negli spumanti dolci.
La quantità di tipologie di vini secchi è molto più ampia: tra gli esempi troviamo il Barolo, Barbaresco o il Chianti Classico o bianchi come lo Chardonnay, Sauvignon Blanc o il Riesling.
Inoltre l’alcol, che funge da esaltatore del sapore, può anche influire sulla dolcezza del vino, ma non necessariamente: la maggior parte dei vini secchi ha una gradazione alcolica compresa tra il 12 e il 14% vol.
Più l’uva utilizzata per produrre il vino è dolce e matura, maggiore sarà la gradazione alcolica. Una gradazione alcolica di 14% vol indica solitamente vini provenienti da un clima caldo e i vini rossi secchi di solito hanno una gradazione alcolica maggiore rispetto ai vini bianchi.
Oltre al residuo zuccherino, l’acidità influisce anche sulla sensazione di dolcezza: l’acidità e i tannini soprattutto danno una sensazione che allappa la bocca, ovvero acre come quella prodotta dai frutti aspri o acerbi.
Questa impressione viene chiamata astringente in gergo tecnico. L’acido può essere percepito come aggressivo quando eccessivamente dominante e sbilanciato, solitamente però l’acidità è ben integrata nel vino e sostiene la varietà degli aromi senza risultare in primo piano. In generale, molta acidità può dare l’impressione che il vino sia secco, anche se magari non è necessariamente così se si guarda il contenuto zuccherino residuo.
Quando al ristorante ti chiederanno se preferisci un vino secco o dolce non devi aspettarti necessariamente un Moscato d’Asti se scegli la seconda opzione e inoltre dipende anche quando questa domanda viene posta.
Il vino dolce si accompagna a dessert, formaggi stagionati e frutta secca; il vino secco si accompagna a primi piatti, secondi piatti di carne o pesce, verdure e formaggi freschi.
Devi sempre scegliere in base al tuo gusto anche perché in questo caso, ancora di più che negli altri, non c’è una scelta migliore o peggiore, dipende se preferisci i sapori dolci o quelli più asciutti.
Infine, è molto importante allenare la propria memoria sensoriale: più spesso si prova a percepire odori e sapori intensi, più si riuscirà a ritrovarli nel vino e si sarà più in grado di giudicare se si tratta di un vino secco, abboccato, amabile o dolce.
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