Negli ultimi anni, il mondo del vino ha subito un’evoluzione notevole, con l’emergere di tendenze che pongono l’accento sul benessere e sulla salute. In questo contesto, l’Italia ha recentemente aperto le porte al mercato del vino dealcolato, grazie all’approvazione di un decreto del Ministero dell’Agricoltura. Questo cambiamento normativo potrebbe rappresentare una vera e propria svolta per i produttori piemontesi, che si trovano a dover affrontare un panorama in evoluzione, caratterizzato da richieste sempre più diversificate da parte dei consumatori.
Fino a questo momento, le cantine italiane interessate alla produzione di vini a gradazione zero si sono trovate a dover affrontare una serie di complicazioni burocratiche e logistiche. Infatti, chi voleva dealcolare il vino era costretto a rivolgersi a impianti esterni o a esportare il prodotto per poi reimportarlo già dealcolato. Con la nuova normativa, le cantine piemontesi possono finalmente installare impianti di dealcolazione direttamente in azienda, a fronte di un investimento iniziale di circa 300 mila euro. Questo non solo riduce i costi di produzione, ma semplifica anche la filiera, permettendo un maggiore controllo sulla qualità del prodotto finale.
le reazioni dei produttori
Tuttavia, la questione non è priva di controversie. Mentre l’Astigiano sembra accogliere questa novità con curiosità e apertura, le Langhe, fucina di alcuni dei vini più rinomati d’Italia, mostrano un certo scetticismo. Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo, e Federico Vacca, coordinatore della consulta vitivinicola, sollevano preoccupazioni riguardo all’immagine del vino, sostenendo che il prodotto dealcolato possa essere percepito come un’industria che snatura la tradizione del vino come fermentato naturale.
In contrasto con questa visione, il presidente del Consorzio dell’Asti Docg, Stefano Ricagno, afferma che il territorio astigiano è già predisposto per affrontare questa nuova opportunità. La tradizione di vini a basso grado alcolico, come il Moscato d’Asti, che ha già superato i 33 milioni di bottiglie prodotte nel 2024, rappresenta un vantaggio competitivo. In questo senso, il vino dealcolato potrebbe rientrare in una strategia più ampia di diversificazione dell’offerta, capace di attrarre nuovi consumatori, in particolare quelli orientati verso uno stile di vita più salutare.
opportunità nei mercati internazionali
Guardando ai mercati internazionali, gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti si profilano come destinazioni strategiche per il vino dealcolato. Negli Stati Uniti, il vino piemontese ha già una presenza consolidata e la domanda di bevande alcol-free sta crescendo rapidamente. Allo stesso modo, negli Emirati, dove le restrizioni sull’alcol sono più severe, il vino dealcolato potrebbe rappresentare un’alternativa interessante. Gianluca Demaria di Confagricoltura Piemonte sottolinea l’importanza di non lasciarsi sfuggire questa nicchia di mercato, che potrebbe crescere fino a raggiungere una quota del 5% nei prossimi anni.
sfide normative e opportunità future
Tuttavia, il futuro del vino dealcolato in Piemonte si confronta con questioni normative e di denominazione. L’idea di creare una Docg dedicata ai vini dealcolati incontra forti resistenze. L’assessore regionale all’agricoltura, Paolo Bongioanni, ha espresso la sua contrarietà, affermando che “il dealcolato non è vino” e che non dovrebbe essere associato a marchi di origine protetta. Questo dibattito è cruciale, poiché la denominazione può influenzare profondamente la percezione e il posizionamento del prodotto sul mercato.
Ricagno, tuttavia, propone una soluzione costruttiva: avviare sperimentazioni e discussioni per valorizzare varietà aromatiche come il Moscato e il Brachetto nel contesto del vino dealcolato. Questa strategia non solo potrebbe garantire un prodotto di qualità, ma potrebbe anche posizionare il Piemonte come un pioniere in questo nuovo segmento di mercato.
La sfida del vino dealcolato in Piemonte si gioca quindi su un delicato equilibrio tra tradizione e innovazione. Le Langhe, con il loro approccio conservatore, potrebbero trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto a un’Astigiano più proattivo e aperto al cambiamento. Mentre la paura di compromettere l’immagine del vino tradizionale è comprensibile, è altrettanto importante riconoscere le opportunità che un’industria in evoluzione può offrire. Sarà interessante osservare come si svilupperanno le dinamiche tra i diversi territori piemontesi e come questi si adatteranno alle nuove esigenze del mercato globale.