Il settore del vino nei ristoranti sta tornando, finalmente, ai livelli pre Covid, contrastando la tendenza dei consumi domestici: secondo Nomisma, il 32% del vino viene consumato fuori casa in Italia, rispetto al 33% del 2019 e al 25% del 2021.
Questi dati vanno interpretati considerando due tendenze: da un lato, c’è una diminuzione degli acquisti di vino nei supermercati (-3,3% nell’ultimo anno, nonostante un aumento del 2,5% in termini di spesa, arrivando a 3 miliardi di euro).
Dall’altro, c’è una ripresa dei pasti fuori casa nonostante il calo del potere di acquisto delle famiglie: secondo Fipe Confcommercio, il settore dell’horeca ha superato i 92 miliardi di euro (+7% annuo).
Sicuramente questa tendenza sul lungo periodo è incoraggiante per i produttori di vino e per tutta la catena di distribuzione, poiché la marginalità è maggiore rispetto al settore del retail.
Si stima un giro d’affari di circa 7,5 miliardi di euro, includendo anche l’export (mentre il totale del fatturato delle cantine italiane si attesta sui 14-15 miliardi di euro).
Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, commenta: “La tendenza nel medio e lungo periodo sembra confermata. Se il potere d’acquisto aumenterà, il consumo fuori casa crescerà, soprattutto considerando la riduzione della quota di consumatori che bevono vino quotidianamente, specialmente tra i giovani. La solidità dei ristoranti è un sollievo per le piccole cantine, spesso legate ai locali del territorio dove ottengono maggior redditività e accessibilità”.
Questo trend internazionale potrebbe dare una spinta anche alle esportazioni, nonostante nel 2023 abbiano registrato una flessione dell’1% in volume dopo l’entusiasmo post Covid.
Denis Pantini osserva: “Anche all’estero, tranne alcune eccezioni, le vendite fuori dai negozi sono difficili da raggiungere. Ad esempio, negli Stati Uniti, la quota è meno significativa di quanto si pensi. Sebbene la marginalità sul singolo vino di alta gamma presente nelle wine list dei ristoranti non influenzi direttamente il grosso del business, è innegabile che la ristorazione giochi un ruolo fondamentale come ambasciatrice e traino per tutto il settore.”
Secondo il Centro studi Italgrob, il vino è stato per il terzo anno consecutivo uno dei principali motori di crescita per i distributori di bevande, con un aumento del 5,1% nel 2023 che porta lo sviluppo complessivo rispetto al 2019 al 29,4%.
Questo è “tre volte superiore alla crescita a volumi del settore”, sottolineano dal Centro studi. Gli spumanti (+7,8%, con il Prosecco in testa a +26%) hanno trainato la crescita, mentre i vini fermi hanno registrato un aumento del 4,8%, con Vermentino, Lugana e Pinot Grigio tra i bianchi e Primitivo, Lambrusco e Montepulciano tra i rossi. In termini di valore, la crescita è stata del 5,8% rispetto al 2022, con un aumento di prezzo contenuto rispetto ad altre categorie.
Però Antonio Portaccio, presidente di Italgrob, avverte: “Se il 2023 si è concluso positivamente, i mesi successivi all’estate hanno mostrato i primi segnali di rallentamento. L’inizio del 2024 conferma questa tendenza, con il vino stabile a livello di volumi rispetto al 2023 e una lieve diminuzione delle bollicine. Il mercato è vivace ma in continua evoluzione, quindi ci troviamo di fronte a un consumatore diverso. Di conseguenza, le nostre aziende devono adattarsi per soddisfare le esigenze del nuovo scenario. Comprendere e comunicare il valore dietro una bottiglia sui tavoli dei ristoranti è cruciale per il futuro della distribuzione horeca.”
“Dopo un paio d’anni di forte crescita nei ristoranti, abbiamo visto un rallentamento a partire dalla metà del 2023”, afferma Luca Cuzziol, presidente di Excellence Srl, un consorzio che riunisce 21 tra i principali distributori e importatori di vino, con un fatturato complessivo di 330 milioni di euro. In questo periodo, il numero di cantine italiane nel loro portafoglio è cresciuto notevolmente, rappresentando ora circa i due terzi del totale.
“Ci sono diverse cause di questo rallentamento”, continua Cuzziol. “Difficoltà nell’adattarsi alla crisi e nell’attrarre i giovani che si stanno allontanando dal vino, ma anche ricarichi a volte troppo alti sulle bottiglie.”
Spiega: “La tendenza è chiara: i momenti di socializzazione stanno trainando i consumi, superando quelli domestici. Tuttavia, coloro che erano disposti a spendere di più per vini premium nel periodo post Covid ora hanno meno voglia e capacità di farlo. È importante gestire questo cambiamento in modo adeguato.”
Cuzziol evidenzia un problema specifico nel mercato italiano: “Se all’estero un buon vino nazionale può sopportare aumenti fino al 30% nei ristoranti perché deve competere con i costosi vini francesi, in Italia i ricarichi devono essere riconsiderati. Non si può applicare lo stesso moltiplicatore a vini di diverse fasce di prezzo. A volte sembra che i ristoratori vogliano aumentare i prezzi del vino perché non possono fare lo stesso con i piatti serviti al di sopra di una certa soglia. Ma questo rischia di scoraggiare gli ordini di bottiglie.”
Sebbene la ristorazione e gli hotel valorizzino la produzione vinicola locale, molti grandi attori del settore puntano anche sul mercato fuori casa.
“Per il nostro gruppo, l’horeca ha un ruolo fondamentale”, afferma Federico Girotto, amministratore delegato di Masi, che gestisce anche wine bar come quelli di Monaco di Baviera e Cortina. “È qui che costruiamo il nostro posizionamento premium, che poi viene capitalizzato e integrato in un approccio omnicanale.
Dopo il lockdown, nonostante le sfide come gli aumenti delle bollette e delle materie prime, così come la difficoltà nel trovare personale, abbiamo riscontrato una reazione forte che ha portato risultati positivi per il nostro business.
Nel nostro portfolio abbiamo cluster di vini o marchi distribuiti esclusivamente nell’horeca, come la capsula di alta gamma Masi Cantina Privata Boscaini e, tra gli altri, Fresco di Masi.”
“La nostra strategia di segmentazione per canale e area geografica ci ha permesso di ottenere performance superiori alla media di mercato, anche in un contesto di calo dei consumi”, aggiunge Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit. “Nel mercato fuori casa, che rappresenta circa il 30% delle nostre vendite, sono cruciali linee come Altemasi Trentodoc e i vini Bottega Vinai, che meglio rappresentano il patrimonio vitivinicolo trentino.”
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