Quando si associa il vino al Cristianesimo, la prima immagine che viene istantaneamente trasmessa dalla nostra memoria è quella del sangue di Gesù, il figlio di Dio.
Nel corso della Messa, uno dei momenti più importanti è, infatti, quello dell’eucaristia, durante il quale viene ricordato quanto accaduto nel corso dell’Ultima Cena, quando Cristo ha offerto il suo corpo e il suo sangue agli uomini, sotto forma di pane e vino.
Quest’ultimo è, così, diventato un simbolo di condivisione universale e di fede, ma non sempre questi sono gli unici significati associati alla parola “vino” nella Bibbia.
Facciamo chiarezza.
I significati del vino nella Bibbia
Nelle Sacre Scritture il vino e la vite vengono citati più di quattrocento volte, già oltre duecento solo nell’Antico Testamento.
Questo elemento viene, infatti, spesso utilizzato come allegoria per esprimere alcuni concetti più profondi, i quali, talvolta, si associano a virtù positive e, in altri casi, assumono connotazioni negative.
Ciò varia in base al contesto presentato.
In alcune pagine della bibbia, vino e vite sono simboli di speranza, ricchezza e successo concessi da Dio.
In altre, sono sinonimo di ubriachezza, dissolutezza e indegnità.
Valori radicalmente diversi, dunque, e che dimostrano quanto la parola “vino” venga utilizzata con varie sfumature sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
Nel libro della Genesi, per esempio, Noè viene indicato come l’inventore della viticoltura. Egli fu, infatti, il primo uomo a piantare una vigna sulla Terra, a seguito del Diluvio Universale.
In questo caso, il vino simboleggia, quindi, un ritorno alla vita dopo la distruzione, ma non solo.
Noè scopre, infatti, ben presto anche il senso di ubriachezza che un eccessivo consumo di vino può provocare ed è così che tale parola inizia a essere utilizzata per trasmettere anche il messaggio dell’importanza della moderazione.
Nel Libro dei Numeri un altro significato che viene dato alla vite e al vino è quello di un dono fatto da Dio agli uomini, come simbolo di futura prosperità.
Ciò è evidente nel passaggio in cui si racconta di quando Mosè inviò un uomo di ogni tribù a esplorare la terra di Canaan donata da Dio e ammirò come ciascuno di tali uomini tornò da lui con un tralcio di vite su cui era cresciuta dell’uva, fatta prosperare proprio da Dio.
In unione con alcune credenze e tradizioni antichissime, anche in alcuni passaggi delle Sacre Scritture il vino assume pure un significato di liquido disinfettante, purificante.
Non solo. Tale nettare è associato, talvolta, anche al concetto dell’effervescenza, oltre che come simbolo di gioia, vita, festa e amore.
In occasione dei riti sacrificali nel Tempio, per esempio, il vino veniva utilizzato come ricostituente, ma anche come medicina.
Sempre nella già citata Genesi, esso diventa anche simbolo della benedizione di Dio e di abbondanza.
Nella Bibbia il vino rappresenta, poi, anche l’amore degli sposi, oltre che il dono che la sapienza offre a chi vuole essere saggio.
In opposizione, alcuni passaggi delle Sacre Scritture associato alla parola “vino” anche l’idea della mancanza di vita e di amore.
Per allietare il cuore, il vino deve, infatti, essere assunto nella giusta misura (ecco che ritorna uno dei concetti in precedenza già espressi, ndr). L’abuso del frutto della vite porta solo effetti nocivi.
Un concetto ribadito anche nel Libro di Tobia, quando lo stesso Tobia raccomanda al figlio di non bere del vino fino a ubriacarsi, in quanto l’ubriachezza non è una buona compagna di viaggio.
Per questo stesso motivo, nel Levitico viene sottolineato come i ministri del culto siano tenuti ad astenersi dal bere vino per alcuni periodi. Scenario che viene esteso anche ai Re e ai Nazirei nel Libro dei Proverbi e in quello dei Numeri, in quanto queste due figure sono chiamate a prendere decisioni importanti e, quindi, assennate.
Nel Nuovo Testamento il vino viene associato, invece, a concetti quasi sempre positivi.
Esso è citato spesso in occasione delle feste, dove risulta un simbolo di celebrazione.
Nell’episodio delle Nozze di Cana, per esempio, Gesù sceglie di trasformare l’acqua in vino come suo primo miracolo, dando così un valore sacro a questo liquido.
Spesso è, poi, Gesù a paragonare se stesso a del vino nuovo che deve essere versato in pelli nuove. Una chiara metafora per indicare la Buona Novella, la Parola di Dio, che deve essere trasmessa da Cristo agli uomini.
Giovanni, nel capitolo 15 del suo Vangelo, riporta addirittura la frase: “Io sono la vera vite e mio padre è il vignaiolo”.
A pronunciarla, ovviamente, Gesù.
Qualche particolarità
Aspetto parecchio singolare è il fatto che né i Vangeli Sinottici né Paolo utilizzano il termine “vino” nel racconto dell’Ultima Cena.
In tutti i vari testi la parola usata è, infatti, “calice”.
Tale vocabolo sembrerebbe indicare meglio i concetti di festa, convivialità, sofferenza e gratuità, ed è perfetto per rimandare immediatamente all’immagine del vino.
Il calice, d’altronde, è il contenitore che più si associa a questo liquido.
Marco, nel suo Vangelo, utilizza addirittura una perifrasi per presentare la figura del vino, scrivendo al posto di tale vocabolo la frase “il frutto della vite”.
Come anticipato a inizio articolo, è proprio nell’Ultima Cena che il vino si associa definitivamente al sangue di Gesù.
Egli benedice, infatti, sia il vino che il pane prima di offrirli ai discepoli presenti a tavola, indicando come questa bevanda e questo cibo rappresentino il suo sangue e il suo corpo.
Un’immagine forte e che ancora oggi viene ricordata nel corso dell’eucaristia durante la Santa Messa, come simbolo della Nuova Alleanza.
Curiosità vuole, inoltre, che, ai tempi di Gesù, in Palestina si coltivasse dell’uva nera, il cui vino veniva chiamato anche “sangue dell’uva”.
Un pensiero comune nelle terre di Babilonia e di Canaan era, infatti, quello che l’uva perdesse la vita per poter dare il vino come frutto.
Dalla morte dell’uva deriva, quindi, il succo della vita.
È così che il vino iniziò anche a essere sostituito al sangue degli animali destinati al sacrificio.
Lo stesso vino viene, poi, legato ai beni messianici, iniziando a essere considerato come la più sublime di tutte le ricchezze, il nettare di cui si potrà bere in abbondanza nel Regno dei Cieli.
Per questo, chi vuole evidenziare il fatto che il Regno del Messia non sia ancora venuto, come gli asceti, per esempio, può farlo astenendosi dal bere.