I vini aromatizzati nascono dall’idea di aggiungere al fermentato degli aromi per modificarne le qualità olfattive e gustative.
Sono dei vini con radici molto antiche, risalenti all’epoca degli antichi Greci e di Roma, i quali sembra che facessero fermentare con acqua di mare o piante aromatiche il vino in grosse anfore allo scopo di conferirgli un sapore particolare.
La produzione del vino aromatizzato consiste nel fare rifermentare un vino base in botti di rovere aggiungendo zuccheri e piante o erbe aromatiche diverse, a seconda del prodotto che si vuole ottenere.
A questa fase viene fatta seguire l’aggiunta di alcool purissimo che, con gli zuccheri, riesce a estrarre l’essenza degli aromi e a disperderla completamente nel vino.
Le fecce della rifermentazione (residui insolubili come i frammenti di buccia, impurità ecc) devono essere eliminate per evitare che alterino il vino una volta esaurita la loro funzione.
L’intero processo dura almeno 15 giorni e si ottiene un vino dal sapore intenso e dalla gradazione alcolica superiore ai 16°.
I vini aromatizzati più conosciuti sono il Vermouth, il Barolo Chinato e il greco Retsina.
Il Vermouth – o Vermut in piemontese – è stato inventato nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano a Torino.
Deve il suo nome dal tedesco Wermut, con il quale viene chiamata l’artemisia maggiore, una pianta medicinale nota ai più per il suo impiego nella preparazione del distillato d’assenzio, aromatico e molto amaro che si beve diluito e/o zuccherato e che fornisce la base aromatica principale del vino aromatizzato.
Il Barolo Chinato Il Barolo Chinato è un vino aromatizzato prodotto aggiungendo al Barolo DOCG – ottenuto da uve Nebbiolo anche se esistono alcuni chinati a base di Barbera – una soluzione di zucchero in alcol etilico, alla quale precedentemente sono state poste in lenta macerazione e a temperatura ambiente diverse spezie per estrarne le componenti aromatiche.
Infine il Retsina è un vino da tavola greco, sia bianco che rosato, che deve il suo nome all’essere aromatizzato mediante l’aggiunta di resina di pino d’Aleppo al mosto prima della fermentazione.
Inizialmente, ai tempi dell’antica Grecia e Roma, l’aggiunta della resina serviva a coprire gli aromi sgradevoli delle post fermentazioni e in particolare l’acidità volatile presente in dosi elevate nei vini primordiali.
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