La categoria dei vini varietali è piuttosto recente. La dicitura vino varietale si inserisce nell’ambito del processo di organizzazione del sistema europeo di certificazione dei vini, iniziato nel 2008 e volto a uniformare le sigle adottate per il riconoscimento di questi prodotti.
Le sigle DOC e DOCG sono state inglobate nella più ampia categoria dei vini DOP (Denominazione di Origine Protetta), i vini IGT in quella dei vini IGP (Indicazioni di Origine Protetta), mentre tra i vini senza denominazione d’origine – quelli che ancestralmente erano noti come vini da tavola – sono stati suddivisi nelle categorie vini generici e vini varietali.
Quindi possiamo incominciare con il dire che i vini varietali sono vini senza denominazione di origine o indicazione geografica protetta.
A seguito delle indicazioni europee, i vari legislatori nazionali hanno adottato appositi provvedimenti per garantire il rispetto delle indicazioni comunitarie.
In Italia i primi riferimenti normativi sono il DM MIPAAF del dicembre 2009 e il DM 381 del 19 marzo 2010, in cui i vini varietali sono definiti come vini senza DOP o IGP designati con il nome del vitigno e come vini designati con le indicazioni del nome di una o più varietà di uve da vino.
In sostanza i vini varietali presentano uno stretto legame tra vitigno e zona geografica di coltivazione delle uve e non devono seguire le norme di specifici disciplinari di produzione.
Devono invece essere prodotti, per almeno l’85% della loro base ampelografica, a partire da uve di specifici vitigni non autoctoni, espressamente indicati dalla legge.
I vitigni ammessi per la produzione di vini varietali sono Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Sauvignon, Syrah.
È da dedicare un discorso a parte per i vini spumanti senza denominazione: qui i vitigni ammessi sono Moscato, Malvasia, Trebbiano e Pinot (senza distinzione tra Bianco, Grigio e/o Nero).
I vini varietali, per essere messi in commercio con tale nome, devono ottenere una specifica certificazione e devono essere sottoposti a una serie di controlli da parte di organi specifici, iscritti in uno specifico elenco.
Tra questi, i produttori possono scegliere il loro organismo di controllo previa comunicazione alla Regione e all’Ispettorato Centrale.
Come si riconosce un vino varietale? Leggendo l’etichetta della bottiglia ci sono specifiche indicazioni che consentono di individuare e riconoscere un vino varietale.
Per prima cosa, non ci sarà alcuna indicazione relativa a DOC – DOCG (DOP) o IGT – IGP, ma ci saranno indicazioni sul vitigno prevalente, sul colore, sull’imbottigliatore, sulla capacità/volume della bottiglia, sulla gradazione alcolica, la nazione di provenienza, oltre alle informazioni sui solfiti e lotto di produzione.
È invece facoltativa l’indicazione dell’annata: esiste un’altra specifica categoria, i vini d’annata, che prevede la possibilità di inserire in etichetta l’anno di vendemmia delle uve.
Esistono anche vini varietali d’annata, ovvero prodotti con almeno l’85% di uve provenienti dai vitigni che sopra abbiamo riportato e appartenenti ad una medesima annata. In questo caso, l’annata rientra tra le indicazioni obbligatorie.
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