In Italia, il 36% dei consumatori ha dichiarato interesse per i vini senza alcol. Secondo Cotarella, la sfida sarà quella di rispondere a questa domanda senza compromettere la qualità e l’integrità del vino italiano
Il vino senza alcol o a basso tenore alcolico, chiamato negli Stati Uniti NoLo, sta per ottenere il via libera anche in Italia. A seguito di un lungo dibattito tra le istituzioni e le associazioni di categoria, il ministro Francesco Lollobrigida ha annunciato la presentazione della bozza del decreto che regolamenterà la produzione di questa tipologia di vino, in linea con le normative europee. In altri paesi europei, come la Francia e la Spagna, i vini dealcolati sono già in commercio, l’Italia invece ha avuto finora una certa resistenza con normative che impedivano la produzione di vino con meno di 8,5 gradi di alcol.
Questo passo legislativo apre nuove opportunità per il mercato italiano, permettendo ai produttori di competere a livello europeo senza compromettere la qualità e l’autenticità del vino tradizionale. Federvini ha sottolineato: “Fino ad ora, i produttori italiani interessati alla produzione di vini NoLo potevano condurre questa procedura solamente all’estero“. Lollobrigida aveva dichiarato lo scorso settembre: “Non possiamo proibire ciò che l’Europa autorizza, ma per me non è vino“.
“Grazie all’operato del ministero le aziende italiane potranno competere con gli altri produttori europei già presenti sul mercato del dealcolizzato, senza diminuire le azioni di tutela nei confronti del comparto vitivinicolo di qualità né nella promozione del suo valore culturale e di rappresentanza del Made in Italy”. hanno commentato dal dicastero.
Il decreto stabilisce regole precise per tutelare la qualità del prodotto, inclusi divieti importanti, come il divieto di dealcolazione per i vini a Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP). La produzione di vini dealcolati dovrà avvenire in strutture dedicate con l’obbligo di registri digitalizzati e licenze autorizzative. Ogni bottiglia dovrà essere etichettata come “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”.
“Il segmento dei vini a basso o zero contenuto alcolico presenta margini interessanti di sviluppo per il comparto vitivinicolo Made in Italy, ma va fornito ai produttori un pacchetto di provvedimenti di buon senso che siano in grado di sostenersi da soli con risorse economiche ad hoc, consistente e utili agli investimenti, e che sappiano accompagnare in modo strutturato le aziende del comparto nei processi di dealcolazione“, ha commentato Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani.
Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, ha messo in guardia: “I dealcolati non dovranno, in nessun modo, essere confusi con i vini tradizionali. Questi ultimi, anzi, dovranno essere tutelati e promossi a livello nazionale e internazionale“. Cotarella ha sottolineato che è fondamentale mantenere il giusto equilibrio, evitando che la crescente domanda di vini a basso contenuto alcolico porti alla creazione di prodotti di bassa qualità, come “spremute d’uva zuccherate e di pessimo gusto“.
La bozza del decreto consente l’uso della parola “vino” solo per i prodotti che, pur dealcolati, rispettano standard di qualità elevati. “La qualità ha sempre avuto l’ultima parola, e sarà così anche per i vini dealcolati”, ha concluso Cotarella. In Italia, il 36% dei consumatori ha dichiarato interesse per i vini senza alcol.
Il decreto, spiega il comunicato, “nasce a seguito del regolamento (UE) 2021/2117 che ha introdotto, attraverso una modifica all’allegato VIII del regolamento (UE) n. 1308/2013, la possibilità di effettuare la pratica enologica della dealcolizzazione per ridurre, parzialmente o totalmente, il tenore alcolico nei vini”.
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