Quando si pensa agli alcolici giapponesi vengono subito in mente il sakè, il whisky e la birra. Eppure nel Paese del Sol Levante si produce anche del vino, seppur in quantità abbastanza modeste. Le bottiglie sono vendute perlopiù a livello nazionale, ma le esportazioni stanno iniziando a prendere piede e l’interesse a livello globale è in crescita.
In molte zone del Giappone c’è un clima tutt’altro che idoneo alla coltivazione della vite, soprattutto considerando che durante i mesi più caldi c’è parecchia umidità e le piogge torrenziali e i tifoni non mancano quasi mai. I vigneti sorgono nelle poche aree fresche e ventilate dell’arcipelago, localizzate soprattutto nel Giappone centrale e sull’isola di Hokkaido, la più settentrionale tra quelle che compongono il Paese del Sol Levante.
Circa un terzo della produzione si svolge nella prefettura di Yamanashi, a ovest di Tokyo. Qui, sulle pendici del Monte Fuji, si trova il vitigno a bacca rosa chiamato Koshu, uno dei più importanti del Giappone. I vini prodotti si distinguono per la loro leggerezza, la mineralità e i sapori fruttati di pesca bianca e agrumi. Sono perlopiù secchi o frizzanti e affinati coinvolgendo dei lieviti nella fermentazione alcolica (metodo noto come sur lie).
Nel corso degli anni ’20 del secolo scorso, Zenbei Kawakami, nome storico dell’enologia nipponica, realizzò un incrocio tra la vite domestica (vitis vinifera) e la vite selvatica (vitis labrusca) per ottenere un’uva capace di resistere al clima tipico dell’arcipelago giapponese. È così che nacque la varietà nota come Muscat Bailey-A, tutt’ora una delle più utilizzate in Giappone. Si tratta di un’uva dai sentori fruttati, che permette di ottenere dei vini dolci. Tuttavia, negli ultimi anni alcune cantine hanno iniziato a basarsi sulla Muscat Bailey-A per ottenere anche dei vini secchi.
Oltre ai vitigni autoctoni, in Giappone sono presenti anche delle varietà di vite internazionali. Si passa dal Pinot Noir e al Merlot per arrivare al Kerner e al Syrah, senza dimenticare il Cabernet, lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc.
I vini giapponesi hanno l’arduo compito di doversi abbinare a una cucina molto variegata, ricca di gusti sapidi, speziati e agrodolci dei cibi più consumati. Hanno quindi dei sapori meno forti rispetto a buona parte di quelli occidentali e possono accompagnare tanto gli yakitori (degli spiedini di pollo alla griglia) quanto il pesce o il ramen.
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