Dopo la birra senza alcol, tocca al vino la stessa sorte: quella di presentarsi in versione analcolica. Il consumo di alcol sta diventando sempre più consapevole e attento, portando così la curiosità dei consumatori verso prodotti alcol free a crescere.
“Il settore dei vini dealcolati – afferma Davide Bortone, giornalista winecritic e direttore di Winemag.it – aumenta in misura esponenziale a livello internazionale. Il giro di affari sta toccando i 23 miliardi di dollari all’anno, grazie anche all’accelerazione verificatasi nel 2022 (+33% sui volumi) e alla previsione di uno share di 68,9 miliardi entro il 2030.
Chi è abituato a bere vino, difficilmente potrà trovarsi a proprio agio con i vini dealcolati, poiché l’aspetto organolettico viene completamente snaturato in assenza di alcol, con profumi più appiattiti, il sorso con meno mordente e i sapori più molli.
Inoltre si fa fatica a comprendere come questi prodotti possano essere abbinati a qualche piatto: potrebbero funzionare per un aperitivo o per una bevuta spensierata, ma essendo così molli e senza carattere, possono davvero funzionare a tavola?
Oltre al vino dealcolato, nelle retroetichette compaiono spesso anidride carbonica, acqua, aromi naturali, zucchero, succhi di frutta – soprattutto mela e pera -: tutti ingredienti illegali nella produzione del vino.
Spesso compaiono anche mosto concentrato rettificato, metabisolfito di potassio, gomma arabica, tannini, stabilizzanti, acido citrico, acido malico, mannoproteine: sostanze che invece sono consentite nel processo di vinificazione, ma che i produttori non hanno l’obbligo di riportare in etichetta.
Stessa cosa per le tabelle nutrizionali: su questi prodotti no-alcol vengono riportate sempre calorie, zuccheri, proteine, sodio, addirittura i grassi; nel vino invece nulla, nonostante, come tutti sanno, sia un prodotto altamente calorico (proprio a causa dell’alcol).
Forse, in un momento in cui il rapporto vino-salute è fortemente sotto i riflettori, servirebbe da parte del mondo del vino un po’ più coraggio nello sforzo verso una maggiore trasparenza e un consumo più consapevole.
Nonostante le perplessità dei bevitori duri&puri, per la prima volta quest’anno i vini senza alcol sono stati considerati una categoria vera e propria anche nell’ambito di prestigiose manifestazioni come il ProWein di Dusseldorf, e di concorsi enologici internazionali come Mundus Vini.
È per rispondere a tutte queste esigenze che sta crescendo anche da noi l’attenzione di vigneron e wine makers verso il vino low alcol o, addirittura, no alcol.
“Si tratta di un vino – spiega Martin Foradori, patron di Hofstätter, cantina storica dell’Alto Adige – realizzato secondo una tecnica sofisticata che elimina l’alcol ma mantiene intatti gli aromi di una materia prima di qualità: per preparare il mio Steinbock Alcohol Free, per esempio, io parto da uve Riesling che dalla cantina escono in versione frizzante ma anche ferma».
Ma come nasce un vino di questo tipo? Semplificando molto, si parte da un vino normalmente vinificato e lo si sottopone ad un processo di dealcolizzazione che avviene separando, per osmosi, l’alcol dal vino, oppure, facendo evaporare l’alcol con una distillazione a freddo.
E la scelta tra questi vini dell’ultima generazione è sempre più vasta: bollicine e fermi, rossi e bianchi. Per tutti i gusti e per tutte le occasioni. Vediamo insieme quali sono.
Iniziamo con Aldea di Tempranillo – fatto con le uve anonime e proveniente dalla Spagna -, che si presenta con un buon profilo aromatico con note di mora e mirtillo. In bocca sembra un succo d’uva fragola. Il tannino è completamente scoperto e verde. È dolce ma allo stesso tempo legato e astringente.
Passiamo poi al Rosso Perfetto di Canter, con profumi di succo d’uva caratterizzati da una sensazione smaltata, ciliegia ossidata. In bocca risulta piuttosto amaro, il tannino è scorbutico, con un sorso vuoto e corto, dando da sensazione di essere acqua e tannino.
Cero Chardonnay, di provenienza tutta USA, sembra uno dei quei Chardonnay fatti in legno che profumano di nocciola tostata e di burro.
In bocca c’è tanta pesca sciroppata, ma ha consistenza. Risulta molto morbido e nel finale ricorda il cedro candito.
Il Colonnara Icemary Organic Sparkling, fatto con uve bianche autorizzate nella regione Marche, non è un vino dealcolato, ma un succo d’uva non fermentato e aggiunto di anidride carbonica per creare le bollicine.
Probabilmente una bottiglia poco fortunata: ci sono sentori evidenti di ossidazioni, poca precisione aromatica. Anche la bocca è molto dolce e molle.
Della cantina Hofstätter c’è il Steinbock Alcohol Free, un bianco fresco, vivace e leggero prodotto da uve Riesling. Il bouquet riporta sentori di agrumi, frutti e fiori bianchi, con note di mela verde e limone.
Citiamo anche un Sauvignon Blanc DC proveniente dal Sud Africa super pompelmo e subito dopo peperone verde. Sembra un sauvignon della zona calda, con litchis e pesca.
La dolcezza controllata, l’acidità riporta al pompelmo, ha discreta lunghezza e una bella sensazione vegetale erbacea nel finale. Diciamo che in una batteria di Sauvignon da battaglia potrebbe essere difficile da riconoscere.
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