Vin Santo, l’origine della bevanda dal nome peculiare

Si tratta di un vino dolce e corposo, ideale per essere consumato a fine pasto o come accompagnamento al dessert. Ma qual è la sua storia?

Il Vin Santo è uno dei vini italiani più antichi e affascinanti, legato profondamente alla cultura enogastronomica di alcune regioni del Paese, in particolare la Toscana. Questo vino bianco passito si distingue per il suo metodo di produzione e per le leggende che circondano il suo nome, rendendolo non solo una delizia per il palato, ma anche una tradizione culturale ricca di storia.

Le origini del Vin Santo

Il Vin Santo è prodotto principalmente in Toscana, dove le uve Trebbiano Toscano e Malvasia, varietà tipiche della zona, vengono impiegate per realizzare questo vino. Nelle terre del Chianti, di Montepulciano e di Prato, il Vin Santo ha ottenuto riconoscimenti importanti, tra cui le denominazioni D.O.C. che ne garantiscono la qualità e il rispetto delle tradizioni di produzione. In queste aree, è spesso abbinato ai famosi cantucci, creando un connubio perfetto che rappresenta un classico della tradizione toscana.

Oltre alla Toscana, però, il Vin Santo è diffuso anche in altre regioni italiane, come l’Umbria, le Marche e l’Emilia Romagna. Anche nel nord Italia troviamo versioni locali di questo vino: in Trentino Alto Adige, ad esempio, viene chiamato Vino Santo (con la “o” finale), e si ottiene dalle uve del vitigno Nosiola; in Veneto, nella zona della D.O.C. Gambellara, viene prodotto con la Garganega, un’uva autoctona della regione.

Vino bianco
Foto da Unsplash @Jeff Siepman

Nonostante la sua denominazione possa evocare immagini religiose, è importante chiarire che il Vin Santo non ha alcun legame con il vino utilizzato per le celebrazioni eucaristiche. Si tratta, piuttosto, di un vino dolce e corposo, ideale per essere consumato a fine pasto o come accompagnamento al dessert.

Le leggende dietro il nome

L’origine del nome “Vin Santo” è avvolta in una serie di ipotesi e racconti affascinanti. La teoria più diffusa e accreditata, riportata anche nei disciplinari di produzione, risale al Concilio di Firenze del 1439. Durante questo importante incontro, volto a riunificare la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa, fu servito un vino passito locale che colpì particolarmente Giovanni Bessarione, arcivescovo di Nicea. Si narra che, dopo averlo assaggiato, Bessarione abbia esclamato: “È vino di Xantos!”, riferendosi al vino passito prodotto nell’isola greca di Santorini, all’epoca chiamata Xantos. Gli italiani presenti interpretarono erroneamente quel “Xantos” come “Santo”, dando così origine al nome con cui questo vino è noto oggi.

Accanto a questa storia, altre due leggende arricchiscono il mistero dietro il nome del Vin Santo. La prima collega il termine “santo” al periodo di produzione del vino: le uve venivano raccolte e lasciate appassire dalla festa dei Santi, il primo novembre, fino alla settimana Santa, che precede la Pasqua. Questo lungo processo di appassimento avrebbe dato al vino il suo nome.

La seconda teoria, invece, è legata a una tradizione popolare del XIV secolo. Un frate francescano, durante un’epidemia di peste, utilizzò il vino della messa come rimedio per curare i malati. Secondo la leggenda, alcune persone guarirono grazie a questo “vino miracoloso”, che da allora fu chiamato Vin Santo.

La produzione del Vin Santo

Il processo di produzione del Vin Santo è altrettanto singolare e contribuisce a conferire al vino il suo carattere distintivo. Le uve vengono raccolte tardivamente e lasciate appassire per diversi mesi, tradizionalmente su graticci, in ambienti ben aerati. Questo metodo consente agli acini di perdere gran parte del loro contenuto d’acqua, concentrando gli zuccheri e i sapori all’interno dell’uva. Una volta raggiunto il giusto grado di appassimento, le uve vengono pressate e il mosto ottenuto viene lasciato fermentare lentamente in piccole botti di legno, spesso per diversi anni.

Questa lunga fermentazione, insieme all’uso di lieviti naturali, conferisce al Vin Santo il suo sapore unico, con note che spaziano dal miele alla frutta secca, dalle spezie dolci al caramello. Il risultato è un vino dalla straordinaria complessità aromatica, che può essere apprezzato in diverse versioni, dalla più dolce alla più secca, a seconda della tradizione locale.

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