In una stagione complessa dal punto di vista meteorologico, la vendemmia 2023 in Emilia Romagna – e in Italia in generale – inizia pagando un pesante dazio agli effetti dei cambiamenti climatici.
Maltempo e ondate di calore hanno danneggiato i vigneti con la produzione nazionale stimata in calo di circa il 14%.
Questo è quanto stimato dallo studio effettuato da Coldiretti sulle previsioni per la vendemmia 2023: in Emilia Romagna è quest’ultima, duramente colpita dall’alluvione, a registrare un forte calo della produzione.
La vendemmia 2023 in Emilia Romagna
Nel versante emiliano, nonostante le grandinate, la produzione ha resistito, seguendo l’intera dorsale che da Modena, Piacenza e Parma si spinge fino all’Oltrepo’ Pavese e all’Astigiano. Lo si legge in una nota stampa diffusa dalla stessa Coldiretti.
Diversa la situazione dei vigneti della Romagna, colpita dall’alluvione di maggio: “La zona maggiormente interessata – fa sapere Coldiretti regionale – è quella della pianura ravennate e forlivese e in parte il bolognese, dove si stima un danno complessivo del 35% su una superficie di circa 2.500 ettari. In questa area sono interessati principalmente i vigneti di Trebbiano e Sangiovese. Danni si sono registrati anche su alcune centinaia di ettari della collina romagnola e imolese, con problemi di piogge torrenziali e frane, con un danno del 25-30% sui vigneti di Albana, Sangiovese e Chardonnay, D.O. Romagna. Preoccupa soprattutto la situazione delle aziende biologiche della zona, con perdite di prodotto che arrivano anche al 50%”.
A pagarne le conseguenza saranno anche i lavoratori stagionali impegnati nella vendemmia: “Con la vendemmia in Emilia Romagna, e in generale in Italia, si attiva un sistema che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio” spiega il presidente di Coldiretti Emilia Romagna Nicola Bertinelli.
Le vendemmia 2023 in Italia, come sarà?
In tutta Italia i dati relativi alla vendemmia sono piuttosto negativi: “La produzione italiana – sottolinea Coldiretti – dovrebbe scendere intorno ai 43 milioni di ettolitri contro i 50 milioni registrati la scorsa stagione, facendo entrare il 2023 fra i peggiori anni della storia del vigneto Italia nell’ultimo secolo insieme al 1948, al 2007 e al 2017. In Italia si attende comunque una produzione di qualità, ma per quanto riguarda i volumi molto dipende dall’evoluzione delle temperature e delle precipitazioni nelle prossime settimane e dall’impatto dei cambiamenti climatici, con i viticoltori che devono stare sempre più attenti alla scelta del giusto momento per la raccolta e la lavorazione in cantina”.
La vendemmia in Italia è un rito le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Di solito si parte tradizionalmente con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay in un percorso che prosegue a settembre e a ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello su 658mila ettari coltivati a livello nazionale.
Coldiretti sottolinea inoltre la grande varietà e ricchezza delle viti e delle uve italiane: “La produzione tricolore può contare su 635 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola – evidenzia l’associazione – . Ciò a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria”.
“Abbiamo un grande patrimonio di cultura, storia, economia e lavoro messo a rischio – evidenzia Coldiretti – dall’entrata in vigore della legge sulle etichette allarmistiche del vino dopo che la Commissione europea ha dato il via libera per silenzio-assenso alla proposta irlandese Si tratta infatti di una norma distorsiva del commercio che è il risultato di un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già 4100 anni prima di Cristo”.
Conclude Marco Allaria Olivieri, direttore di Coldiretti Emilia Romagna: “È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.