Ne esistono diversi e ognuno di essi ha delle caratteristiche precise che lo rende più adatto per certi scopi e meno per altri
Esistono contenitori usati per l’affinamento o la fermentazione dei vini che differiscono molto tra loro per le caratteristiche dei materiali con i quali sono realizzati e per i risultati che permettono di ottenere. Nel corso del tempo i produttori hanno imparato quali scegliere per raggiungere scopi diversi. Tra i materiali più diffusi di sono il legno (usato per botti, barrique e tonneaux), il cemento, e l’acciaio inox. Ognuno di essi ha dei pregi e dei difetti unici ed è importante conoscerli per poter fare le scelte più efficaci.
Il cemento
Quando si pensa ai grandi contenitori usati nella vinificazione, di solito vengono in mente le tipiche botti e solo qualcuno con una certa esperienza nel settore riesce a spingersi oltre e ad arrivare fino al cemento. Questo materiale è stato considerato per parecchio tempo obsoleto, soprattutto in seguito a varie evoluzioni tecnologiche avvenute nel settore alimentare, tuttavia negli ultimi anni è tornato alla ribalta grazie al cosiddetto “uovo di cemento”, un contenitore rivestito con resine epossidiche alimentari che può essere lavato senza problemi.
Come spiega Vincenzo Gerbi, docente di Enologia all’Università di Torino, la sua forma caratteristica rende possibile la distribuzione delle fecce in una superficie particolarmente ampia. Inoltre il recipiente è termicamente stabile, caratteristica essenziale per l’affinamento del vino. Tra i difetti delle uova di cemento ci sono di sicuro il peso elevato (che ha un impatto non indifferente sulle spese di trasporto), la fragilità (può non sembrare, ma basta un urto di lieve entità per incrinarle) e il prezzo, perché costano circa il doppio di un tino in acciaio di dimensioni paragonabili.
Il legno
Il più grande vantaggio offerto dai contenitori in legno è la stabilizzazione del colore del vino. Quest’ultima, in misura minore, può avvenire anche nelle anfore, ma nel legno, per merito dell’acetaldeide, è favorita dal legame maggiormente intenso che si crea tra i tannini e gli antociani. “In un legno imbibito di vino, infatti, c’è un’interazione dei tannini del vino anche con i tannini del legno, i quali sono trasportatori di ossigeno e, quindi, accelerano il fenomeno in maniera rilevante”, spiega Gerbi. “Quindi, da questo punto di vista il legno non è completamente imitabile, ma solo parzialmente”, aggiunge il docente.
L’uso dei contenitori in legno permette di anche di influenzare l’aromaticità del vino, soprattutto se si fa ricorso alle barrique. Inoltre, la porosità del materiale favorisce lo scambio di ossigeno con l’esterno, fattore che però varia molto in base all’età delle botti usate (quelle più giovani permettono una micro-ossigenazione maggiore). La porosità del legno può però rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché favorisce l’assorbimento di microorganismi che potrebbero causare delle contaminazioni. Le botti devono quindi essere pulite in modo scrupoloso tra un utilizzo e l’altro per evitare spiacevoli imprevisti.
L’acciaio
Parlando dei contenitori per il vino più moderni, è impossibile non menzionare quelli in acciaio, particolarmente utili per la fermentazione alcolica e la macerazione. “Quelli più bassi a larghi favoriscono il contatto con le bucce rispetto a quelli più alti e snelli”, spiega Gerbi. “I fermentini orizzontali in acciaio, per esempio, sono indicati per i vini rossi e meno per i bianchi”. All’interno delle aziende specializzate non mancano neppure dei vinificatori in legno acciaio, che uniscono le capacità micro-ossigenanti del legno alla lavabilità conferita dall’acciaio. Per quanto utili, questi recipienti non sono troppo facili da gestire, perché i due materiali hanno dei coefficienti di dilatazione ben diversi.