
Riscoprire il vino: strategie per superare la crisi in vigna, cantina e aula
Negli ultimi anni, il settore del vino ha affrontato sfide senza precedenti, messe in evidenza da una serie di cambiamenti economici, sociali e ambientali. Con l’avvicinarsi del 2024, un anno che si preannuncia problematico a causa di fattori come i rischi di dazi imposti dagli Stati Uniti e il rallentamento dei consumi interni, ci si interroga se si tratti della fine del vino come lo conosciamo o di un nuovo inizio. Alberto Mattiacci, docente di marketing e business all’Università La Sapienza, offre una prospettiva interessante, affermando che pur non essendo ancora una crisi strutturale, siamo di fronte a un cambiamento epocale. Il vino, un tempo visto come un prodotto esclusivamente positivo, ora deve confrontarsi con una narrazione più complessa, influenzata da un neo-salutismo che ha già colpito altri settori alimentari.
la pressione del cambiamento
La crescente pressione da parte di istituzioni, media e consumatori ha messo il vino sotto una luce critica, portando a una rivalutazione delle sue caratteristiche e dei suoi benefici. Questo cambiamento si inserisce in un contesto più ampio di crisi climatica, che ha portato a riduzioni della produzione e a costi sempre più elevati per i produttori. Mattiacci sottolinea che il settore vitivinicolo ha spesso trascurato l’importanza di una formazione completa. Per superare l’attuale impasse, sarà necessario un ripensamento delle competenze e delle strategie, che devono partire dalla vigna e arrivare fino al marketing e alla comunicazione.
L’Italia, fortunatamente, può contare su istituti di ricerca di eccellenza e su agronomi di fama mondiale che lavorano su metodi per contrastare la crisi climatica. Attilio Scienza, professore emerito all’Università di Milano, evidenzia l’importanza della biodiversità in viticoltura. La vite, infatti, interagisce con l’ecosistema circostante e la presenza di altre piante può avere effetti positivi sulla sua resistenza. La crisi idrica è un’altra sfida significativa; l’irregolarità delle piogge rende sempre più difficile il mantenimento della qualità del vino. Scienza suggerisce che la scelta di portainnesti adeguati potrebbe non solo migliorare l’efficienza idrica, ma anche la qualità dell’uva.
sostenibilità e innovazione
Tuttavia, la sostenibilità rimane un tema ambiguo. Le pratiche di viticoltura integrata, biologica e biodinamica sono difficilmente riconoscibili dai consumatori, e l’uso di metalli pesanti come rame e zolfo, sebbene ammessi, solleva preoccupazioni per l’impatto ambientale. Una possibile soluzione per una viticoltura a residuo zero potrebbe risiedere nell’uso di vitigni resistenti, come i Piwi, incroci tra Vitis vinifera e altre specie. L’uso della tecnologia CRISPR per sviluppare varietà maggiormente resistenti rappresenta un’opportunità, ma è al contempo controverso, con molte opposizioni da parte di ambientalisti e consumatori.
Parallelamente, la cantina deve evolversi. Negli ultimi anni, gli enologi sono stati criticati per le loro pratiche invasive, accusati di omologare il gusto del vino. Questa percezione è in netto contrasto con vent’anni fa, quando il giusto consulente sembrava la chiave del successo. Oggi, molte aziende si vantano di non avere un enologo, ma la risposta a questa crisi non può essere l’approssimazione. Mattia Filippi, titolare di Uva Sapiens, sottolinea l’importanza di un approccio sinergico tra viticoltura ed enologia, mirando all’espressione dell’identità del luogo e alla creazione di vini più leggeri e digeribili, in linea con le preferenze dei consumatori.
la formazione come chiave del futuro
In questo contesto, la formazione assume un ruolo cruciale. Mattiacci avverte che il settore del vino è caratterizzato da una mancanza di competenze in marketing e gestione: molti produttori non sono in grado di posizionare il loro prodotto sul mercato. La necessità è quella di formare figure professionali capaci di navigare le complessità del mercato, piuttosto che di aderire a un approccio passivo. La sfida è anche collettiva; l’industria del vino italiana, con il suo spirito anarchico, deve imparare a comunicare in modo più efficace l’immagine dei suoi prodotti e dei suoi territori.
Un esempio di come si possa creare una forte identità di prodotto viene dalla Francia, in particolare dalla regione dello Champagne, che ha saputo rendere il consumo di vino un atto celebrativo, sostenuto da eventi e campagne pubblicitarie. Questa strategia potrebbe essere riprodotta in Italia per attrarre i consumatori e rinnovare l’interesse per il vino.
Un altro aspetto interessante è il rapporto dei giovani con il vino. Danielle Callegari, referente per Wine Enthusiast, afferma che i giovani sono interessati a conoscere il vino come parte della loro crescita personale. Per attrarre questa fascia di consumatori, è fondamentale portare il vino al di fuori dei contesti formali e renderlo accessibile attraverso eventi conviviali e wine bar, dove si può apprendere in modo informale.
Infine, il futuro del vino potrebbe includere anche prodotti alternativi, come i vini dealcolati, che stanno iniziando a guadagnare attenzione. Tuttavia, ci sono dubbi sulla loro qualità e sul processo di produzione. Martin Foradori Hofstatter, produttore altoatesino, avverte che il dealcolato richiede materie prime di alta qualità e che la longevità di questi prodotti potrebbe essere limitata. Tuttavia, se il mercato cresce, potrebbero emergere nuove opportunità anche per le piccole aziende.
La crisi del vino, dunque, non è solo una sfida, ma anche un’opportunità per rinnovare il settore attraverso formazione, sostenibilità e innovazione. Con le giuste strategie, il vino può rispondere alle richieste di un mercato in evoluzione, mantenendo la sua identità e il suo valore culturale.