Anche il mondo del vino vive i suoi scontri politici e identitari, come quello tra Italia e Australia, nel nome del Prosecco.
La terra oceanica continua a non riconoscere la sigla DOC del Prosecco italiano, proseguendo nella produzione e nella vendita delle proprie bottiglie di questo particolare vino.
Un deciso guanto di sfida gettato nei confronti del Belpaese e di uno dei suoi prodotti più esportati e apprezzati al Mondo.
Una condizione che perdura da anni, con la Nuova Zelanda che potrebbe però ora smuovere le acque e portare a delle novità in questo “confronto tra Stati”.
Come riportato da Gambero Rosso, presente in Nuova Zelanda e Australia nel corso del suo Worldtour, lo Stato con capitale Canberra sta continuando a produrre il proprio Prosecco, non riconoscendo la DOC italiana su tale prodotto.
Una decisione che segna un netto distacco con quella tenuta dalla vicina Nuova Zelanda, terra che pochi mesi fa ha deciso di riconoscere la denominazione italiana, bloccando per i prossimi anni le importazioni di Prosecco australiano a Wellington e nel resto del Paese.
Una scelta che avvicina così questo Stato all’Italia e all’Unione Europea, all’interno dei cui confini le importazioni di Prosecco australiano sono bandite già da parecchi anni (dal 2009, ndr).
Rimane ferma, invece, sulle proprie posizioni l’Australia stessa, convinta di non dover sottostare al marchio DOC italiano.
Stando a quanto raccontato dall’ultima indagine operata sul luogo da Gambero Rosso, la motivazione principale per cui l’Australia continui a non riconoscere il Prosecco DOC come denominazione di origine geografica protetta risiederebbe nella produzione locale di Prosecco.
In Australia ci sono, infatti, molti produttori italiani di prima, seconda e terza generazione, inseriti in un giro d’affari di oltre 200 milioni di dollari.
Una cifra spaventosa e che fa da contraltare ai 9 milioni di bottiglie di Prosecco italiano importate nel Paese nel 2022.
Secondo tutti questi produttori, il termine Prosecco indica da sempre il nome della varietà di questo vino e perciò non è giusto imporre una DOC italiana anche in Australia, come spiegato da Michael Tierny di Awesomme a Gambero Rosso:
“Nel 2009, con l’istituzione della DOC Prosecco, è stata riscritta la storia di punto in bianco. Prosecco è stato sempre il nome della varietà, già dal 1700, e la città di Prosecco non ha nulla a che vedere con la produzione del vino. Ci sono tante ricerche che confermano questo percorso. Non vedo perché i produttori australiani debbano stravolgere il loro modo di lavorare sulla base di tutto questo”.
Del parere analogo è anche Mark Davison, docente della Monash University:
“L’evidenza è lampante. Il termine Prosecco è stato per secoli il nome usato per la varietà. Proteggere la parola come un indicatore geografico è uno sforzo cinico di evitare la competizione da parte dei produttori australiani”.
Secondo quanto raccontato da Lee McLean dell’Australian Grape & Wine Association, il pericolo per l’Australia è dietro l’angolo:
“Se il Governo australiano rinuncerà al nostro diritto di chiamare la varietà con il suo nome, ci sarà un impatto devastante per i viticoltori e produttori in più di 20 regioni dell’Australia. In questo momento non stiamo prendendo in considerazione nessuno scenario di questo tipo”.
Una posizione molto chiara e che aiuta a capire come ogni dialogo tra l’Italia, l’Unione Europea e l’Australia sul tema Prosecco DOC sembri destinato a non trovare una soluzione che possa soddisfare tutte le parti nel prossimo futuro.
Anche il Belpaese resta, infatti, fermo sulla propria posizione, convinto di essere nella ragione, come spiegato in un incontro ad Auckland dal Presidente del Consorzio Prosecco DOC Stefano Zanette:
“Nel 2009 si è posta una pietra miliare nella storia del Prosecco. Una storia che, spiace deludere gli amici australiani, trova il suo fondamento scritto in un documento del 1715. Un testo che può essere considerato una sorta di paleo-disciplinare, che non parla di varietà e che testimonia come, quel vino, con quel nome, che riferiva a un particolare territorio, godeva di una notorietà tale da spingere altri ad appropriarsi impropriamente di quella che la legislazione moderna identifica, in oltre 60 Paesi nel Mondo, come un’indicazione geografica”.
Traduzione? Zero spazio per un compromesso, con la posizione del Consorzio che resta molto chiara:
“Meglio non si giunga ad un accordo piuttosto che si ceda ad un cattivo accordo”.
Lo scontro tra Italia e Australia nel nome del Prosecco sembra, dunque, destinato a non trovare pace.
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