Un recente test su 40 vini ha rivelato la presenza di pesticidi in un terzo delle bottiglie, sollevando preoccupazioni sui potenziali rischi per la salute
La viticoltura, settore chiave dell’agricoltura, è spesso al centro di dibattiti riguardanti l’uso dei pesticidi e i loro potenziali effetti negativi sia sulla salute umana che sull’ambiente. Data la necessità di proteggere i vigneti da parassiti, funghi e erbe infestanti, la viticoltura convenzionale fa largo uso di fungicidi ed erbicidi, con l’obiettivo di contrastare malattie come la peronospora e l’oidio. Tuttavia, una questione rilevante riguarda quanto di questi pesticidi finisca poi nel vino che arriva sulle nostre tavole.
Per rispondere a questa domanda, un recente studio condotto dalla rivista francese 60 millions de consommateurs ha analizzato 40 vini rossi e bianchi provenienti da alcune delle regioni vinicole più rinomate della Francia. Lo scopo principale dell’indagine non era quello di valutare la qualità organolettica dei vini, bensì di concentrarsi esclusivamente sulla presenza di residui di pesticidi. In particolare, i test si sono concentrati su un totale di 742 molecole e metaboliti di pesticidi, con l’obiettivo di rilevare eventuali residui nelle bottiglie analizzate.
Le analisi hanno evidenziato che 14 dei 40 vini testati, ossia circa un terzo del campione, contenevano tracce di pesticidi. In totale, sono stati effettuati 20 rilevamenti di diverse molecole. Tra queste, sei appartengono a quattro famiglie distinte di pesticidi, di cui tre classificate come sostanze CMR (cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione). Questi risultati sollevano preoccupazioni, poiché non solo la presenza di queste molecole è problematica di per sé, ma gli effetti combinati (noti come “effetti cocktail”) tra i vari residui potrebbero amplificare i rischi per la salute. Tuttavia, al momento mancano studi approfonditi su questo tipo di interazione tra le sostanze.
Andiamo ora a vedere i dettagli delle analisi in base alle varie tipologie di vino esaminate:
Tra i vini bianchi provenienti dalla regione della Borgogna, in particolare quelli delle denominazioni Chablis e Petit Chablis, la quantità di solfiti rilevata si è attestata intorno agli 82 mg/l, ben al di sotto del limite normativo di 200 mg/l. Tuttavia, è importante notare che metà dei vini analizzati ha mostrato la presenza di residui di pesticidi, inclusi i pericolosi composti CMR. In particolare, il vino della cantina Lamblin & fils è stato penalizzato per la presenza di folpet e fluopicolide, due sostanze comunemente utilizzate come fungicidi.
Il Muscadet, vino prodotto principalmente con il vitigno Melon de Bourgogne, ha mostrato una concentrazione media di solfiti di 100 mg/l. Anche in questo caso, sono stati trovati residui di folpet in tre campioni, compreso un vino con certificazione HVE (Haute Valeur Environnementale). Sebbene le quantità di pesticidi riscontrate fossero inferiori ai limiti di legge, la loro presenza solleva comunque preoccupazioni, soprattutto considerando che questi vini sono prodotti in un regime considerato rispettoso dell’ambiente.
Passando ai vini rossi della regione di Bordeaux, due terzi delle referenze analizzate hanno ottenuto punteggi superiori a 15/20, con una concentrazione media di solfiti di 50,6 mg/l, nettamente inferiore al limite massimo autorizzato. Tuttavia, sono stati rilevati pesticidi in due dei vini esaminati. Uno di essi, il Expert Club 2022, conteneva fungicidi classificati come CMR. Anche se i livelli rilevati erano sotto i limiti di legge, la presenza di queste sostanze rappresenta comunque un motivo di preoccupazione per i consumatori.
Infine, i vini della denominazione Côtes-du-Rhône, che rappresentano circa un quarto delle vendite di vini AOC (Appellation d’Origine Contrôlée) nei supermercati francesi, hanno mostrato una concentrazione media di solfiti di 37,4 mg/l. In quattro referenze, è stata riscontrata la presenza di folpet, sollevando ulteriori interrogativi sulla diffusione di pesticidi anche in questa tipologia di vini.
Un dato positivo che emerge dall’indagine riguarda i vini biologici: tutti i campioni analizzati appartenenti a questa categoria erano completamente privi di pesticidi. Le pratiche di agricoltura biologica, infatti, limitano severamente l’uso di prodotti chimici di sintesi, puntando invece su metodi più naturali per la protezione delle colture. Questo risultato evidenzia come la produzione biologica offra una valida alternativa alla viticoltura convenzionale per chi desidera un prodotto più sostenibile e privo di residui chimici.
D’altro canto, i risultati relativi ai vini certificati HVE sono stati piuttosto deludenti. Sebbene questa certificazione promuova pratiche agricole considerate rispettose dell’ambiente, i test hanno dimostrato che essa non garantisce la completa assenza di pesticidi nel vino. La certificazione HVE, infatti, permette l’uso di determinate sostanze chimiche, seppur in quantità limitate, ma i risultati suggeriscono che queste possono comunque lasciare tracce nei prodotti finali.
L’indagine condotta da 60 millions de consommateurs evidenzia come il tema dei pesticidi nel vino sia complesso e meriti un’attenzione particolare da parte di produttori e consumatori. Sebbene la maggior parte dei vini analizzati rispetti i limiti di legge, la presenza di sostanze classificate come CMR, anche in piccole quantità, solleva interrogativi sulla loro sicurezza a lungo termine. I vini biologici emergono come una scelta più sicura per chi cerca un prodotto privo di residui chimici, mentre la certificazione HVE, pur promuovendo un’agricoltura più sostenibile, non sembra ancora offrire una garanzia sufficiente in questo senso.
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