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Pericolo Bisfenolo A negli alimenti: quali rischi si corrono e come evitare

Mai sentito parlare del Bisfenolo A, o BPA? Ecco il nemico invisibile capace di insinuarsi in ciò che mangiamo.

Il Bisfenolo A se lo conosci lo eviti. Non a caso dal 2011 l’Ue ne vieta l’utilizzo nella produzione dei biberon, e dal 2018 l’ha messo al bando dagli alimenti e dalle bevande destinati alla prima infanzia (a base di latte o analoghi, cereali e altri ingredienti fini medici speciali), oltre che all’interno dei prodotti cosmetici. E, in ogni caso, c’è un limite di migrazione specifica (cioè una quantità massima rilasciata negli alimenti) stabilito per legge che non può assolutamente essere superato.

Il Bisfenolo A, o BPA, ha fatto molto parlare di sé per via dei suoi effetti sulla salute. Secondo gli esperti, agisce come un interferente endocrino, cioè una sostanza chimica (è il caso di alcuni pesticidi) capace di influenzare il nostro equilibrio ormonale. Eppure possiamo ritrovarlo negli alimenti e nelle bevande che consumi: di qui l’importanza di ridurne le quantità che ingeriamo.

Il nuovo allarme Bisfenolo A e perché non va sottovalutato

Il Bisfenolo A è pericoloso soprattutto per i feti e i bambini piccoli: i loro ormoni devono funzionare correttamente per garantire uno sviluppo adeguato. Il rischio è quello di un’alterazione del funzionamento del sistema riproduttivo, della tiroide e del sistema nervoso e immunitario.

Il problema è che il BPA viene ampiamente utilizzato per produrre le plastiche in policarbonato di cui sono fatti diversi contenitori per il cibo, le bottiglie e le vernici e le resine con cui viene rivestito l’interno di moltissime lattine per alimenti e bevande. Non solo; il BPA è utilizzato anche per la produzione della carta termica degli scontrini e in altri materiali utilizzati in campo odontoiatrico.

Il Bisfenolo A può migrare dai contenitori agli alimenti e alle bevande contenuti al loro interno. (Vinamundi.it)

Il problema nasce quando il Bisfenolo A migra dai contenitori agli alimenti e alle bevande contenuti al loro interno. Gli adulti sembrano relativamente al sicuro: stime alla mano, l’esposizione alimentare e quella complessiva sono da 3 a 5 volte inferiori alla dose giornaliera tollerabile stabilita dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel 2015. Ma la stessa Efsa, sulla base degli effetti avversi sul sistema immunitario evidenziati da una serie di studi condotti tra il 2013 e il 2018, ha proposto di recente di abbassare la soglia tollerabile a 0,04 nanogrammi per Kg di peso corporeo al giorno (cioè di ben 100 volte!).

Ecco dunque alcuni suggerimenti per ridurre l’esposizione a questa sostanza, già espressi nel 2014 dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare:

  • Se dovete scaldare latte, bevande e pappe, utilizzate contenitori integri attenendovi rigorosamente alle indicazioni del produttore.
  • Lasciate che i liquidi caldi si raffreddino prima di versarli in contenitori di plastica non destinati all’uso ad alte temperature.
  • Evitate di utilizzare contenitori in plastica usurati e non riutilizzare contenitori in plastica monouso
  • Utilizzate la lavastoviglie per lavare gli oggetti in plastica solo se questi ultimi sono idonei all’uso ad alte temperature.
  • Risciacquate bene frutta e verdura in scatola prima del consumo e se possibile optate per prodotti freschi e di stagione.

Consumatore avvisato, mezzo salvato saremmo portati a dire: tutelare la propria salute è semplice, con piccoli accorgimenti.

Enrico Del Sero

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