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Olivicoltura italiana: opportunità e sfide in un settore da valorizzare

L’olivicoltura italiana è un settore che racchiude in sé un patrimonio culturale e paesaggistico di inestimabile valore. Tuttavia, si trova ad affrontare sfide significative che ne limitano il pieno sviluppo. Da un lato, è fondamentale preservare e curare gli oliveti storici e di collina, essenziali per l’identità dei territori e per la loro bellezza paesaggistica. Dall’altro, è necessario incentivare l’adozione di nuovi impianti meccanizzabili, in grado di aumentare la produttività e la redditività. Questa duplice sfida rappresenta solo la punta dell’iceberg delle complessità che caratterizzano il settore olivicolo.

Durante la prima edizione di EVO a Siena, un evento dedicato all’olio extravergine d’oliva di alta qualità, sono stati discussi temi cruciali per il futuro della filiera olivicola. La manifestazione ha messo in evidenza l’importanza di promuovere un potenziamento non solo a livello toscano, ma anche nazionale. Attualmente, la superficie olivicola in Italia ammonta a circa 1 milione e 135 mila ettari, con la Puglia in testa per estensione, seguita da Calabria e Sicilia. La Toscana, pur occupando il quarto posto, presenta una varietà di produzioni che meritano attenzione e valorizzazione.

La frammentazione delle aziende olivicole

L’agronomo Gennaro Gilberti ha sottolineato come ogni regione italiana presenti caratteristiche uniche, con un insieme complesso di variabili che influenzano la produzione di olio d’oliva. L’analisi della struttura aziendale rivela una realtà frammentata:

  1. Il 61% delle aziende possiede meno di un ettaro di oliveto.
  2. Il 6% detiene il 45,1% della superficie totale.

Questo panorama evidenzia come la maggior parte delle aziende sia di piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, e difficilmente in grado di sostenere gli investimenti necessari per modernizzarsi.

Le potenzialità inespresse del settore

In Toscana, la situazione è ulteriormente complessa. Si stima che circa il 30% degli oliveti sia classificato come “marginale”, ovvero situato su terreni con pendenze superiori al 25%, spesso trascurati. Il 60% della superficie è dedicato a un’olivicoltura tradizionale, caratterizzata da densità di piante inferiori e pratiche poco meccanizzate. Solo una piccola parte è riservata a impianti semi-intensivi e intensivi. Questa varietà di sistemi di coltivazione mette in luce la necessità di un rinnovamento per migliorare la produttività e la competitività.

Le potenzialità del settore rimangono in gran parte inespresse. La ricchezza di cultivar, la biodiversità e il valore culturale dell’olivo rappresentano punti di forza, ma la frammentazione delle aziende e l’assenza di una visione imprenditoriale ostacolano la crescita. Gli oliveti tradizionali, spesso obsoleti e poco produttivi, richiedono un intervento urgente. Giliberti ha evidenziato l’importanza di investire in nuovi impianti e di promuovere la ricerca in ambito genetico e fitosanitario, così come il recupero degli oliveti abbandonati, che rivestono un valore ambientale cruciale.

La comunicazione e il futuro dell’olivicoltura

Un altro aspetto da considerare è il lato comunicativo e promozionale del settore. Attualmente, il sistema di etichettatura dell’olio d’oliva è poco chiaro per il consumatore. I dati Ismea indicano che oltre il 90% dei consumatori consuma olio italiano, ma solo il 10% è consapevole delle differenze tra olio d’oliva ed extravergine. Questo porta a una scelta di prodotto spesso influenzata dal prezzo, piuttosto che da una reale comprensione delle qualità e delle caratteristiche dell’olio.

In occasione di EVO, il sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra ha annunciato la creazione di un tavolo per la filiera olivicola, un’iniziativa che mira a coinvolgere politici e tecnici nella stesura di un piano olivicolo nazionale per il periodo 2025-2030. Questa collaborazione è fondamentale per sviluppare una strategia di valorizzazione del prodotto e migliorare la consapevolezza dei consumatori. L’obiettivo è quello di bilanciare la produzione con la sostenibilità ambientale, promuovendo impianti che rispettino le cultivar italiane e garantiscano la biodiversità.

Inoltre, la vicepresidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi, ha proposto iniziative simili a quelle già attive per la cura delle superfici boschive, per incentivare la gestione degli oliveti abbandonati. Questa sinergia tra agricoltura e ambiente potrebbe rappresentare un passo importante verso un modello più sostenibile e redditizio.

Le sfide per l’olivicoltura italiana sono molteplici e richiedono un approccio integrato che consideri non solo gli aspetti produttivi, ma anche quelli sociali, economici e ambientali. Con un impegno collettivo, il settore ha l’opportunità di esprimere appieno le proprie potenzialità, diventando un protagonista centrale nell’agricoltura italiana e nel panorama agroalimentare internazionale.

Redazione Vinamundi

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