
L'export verso gli Usa cresce: scopri l'effetto scorte e i dazi in arrivo
Nel panorama dell’export agroalimentare italiano, i dati relativi ai primi due mesi del 2025 mostrano un trend positivo, ma non senza preoccupazioni. Le statistiche delle dogane statunitensi rivelano incrementi significativi nelle importazioni di vino, latticini e olio d’oliva. In particolare, il vino ha registrato un aumento del 20%, il lattiero-caseario del 12% e l’olio d’oliva del 9%. Tuttavia, questi numeri, sebbene incoraggianti, non riescono a stemperare i timori di una possibile battuta d’arresto a causa delle incertezze legate ai dazi in arrivo.
Crescita dell’export di vino
L’export di vino italiano verso gli Stati Uniti ha mostrato una crescita robusta, spinta dalla corsa agli acquisti in previsione dell’aumento dei dazi imposto dall’amministrazione Trump a partire dal 2 aprile 2024. Questo aumento di scorte da parte degli importatori americani ha contribuito a mantenere alti i volumi di vendite. Negli ultimi due mesi del 2024, il vino italiano aveva già evidenziato un incremento significativo, chiudendo l’anno con un aumento complessivo dell’8,5%.
Nel gennaio e febbraio 2025, gli Stati Uniti hanno importato oltre 1,1 miliardi di dollari di vino, con un incremento del 20,3% in valore e del 4,8% in quantità. La Francia continua a dominare il mercato con vendite per 510 milioni di dollari (+54,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), seguita dall’Italia, che ha fatto registrare ricavi per 351 milioni di dollari (+10,9%). Anche se il vino spagnolo, argentino e cileno ha continuato a guadagnare terreno, l’Italia rimane un attore chiave nel mercato americano.
Settore lattiero-caseario in crescita
Il settore lattiero-caseario, in cui l’Italia si conferma leader, ha visto un incremento degli acquisti americani di formaggi e latticini made in Italy, che hanno raggiunto i 92 milioni di dollari (+12,3%). Questo risultato è impressionante in confronto a quello della Francia, che ha registrato vendite per 30,8 milioni di dollari (-8,7%), mentre la Spagna e l’Olanda hanno visto una flessione significativa delle loro esportazioni, rispettivamente del 8,4% e del 16,8%.
Situazione dell’olio d’oliva
Per quanto riguarda l’olio d’oliva, la situazione è più complessa. Nel febbraio 2025, gli Stati Uniti hanno importato 59mila tonnellate di olio d’oliva, per un valore di 433 milioni di dollari. Sebbene in termini di volume si sia registrato un aumento del 9,4%, il fatturato ha subito un calo dell’8,1%. Questo riflette una diminuzione dei prezzi rispetto ai picchi raggiunti nel 2024. Le vendite di olio d’oliva sono aumentate anche dalla Spagna (+6,4%), dalla Tunisia (+33,9%), dalla Turchia (+41,8%) e dalla Grecia (+9,5%).
Micaela Pallini, presidente di Federvini, ha commentato la situazione dicendo: «Fa piacere poter commentare dati ancora positivi. Tuttavia, siamo consapevoli che questi numeri riflettono ancora la corsa agli stock che c’è stata negli Stati Uniti tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025. Le nostre aziende sono impegnate nel cercare di capire come assorbire, almeno in parte, il dazio, evitando di scaricarne il peso sul consumatore. Con la mia azienda ad aprile non abbiamo spedito nulla negli Usa, ma chiuderemo il primo quadrimestre a +7%. Ho anche ricevuto feedback positivi da altri mercati, con una ripresa delle vendite soprattutto nella Ue. Insomma, è presto per fare bilanci. Vediamo».
Il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti, ha condiviso una visione più cauta: «I dati dell’export sono ancora positivi, ma non ci facciamo illusioni. I momenti difficili arriveranno. Abbiamo invitato i nostri soci a negoziare duramente per assorbire insieme con gli importatori il peso dei dazi che fino al 9 luglio saranno fermi al 10%. Ma al tempo stesso, li abbiamo anche esortati a evitare cedimenti sul fronte dei prezzi. Le “fughe in avanti” di qualcuno possono danneggiare tutti e compromettere il posizionamento del vino italiano, costruito in anni di lavoro».
La situazione attuale mette in evidenza un equilibrio delicato: sebbene i numeri attuali siano incoraggianti, l’ombra dei dazi e delle incertezze economiche globali potrebbe influenzare negativamente il futuro dell’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti. Le aziende si trovano a dover affrontare sfide significative, inclusa la gestione delle aspettative dei consumatori e la necessità di rimanere competitive in un mercato sempre più affollato. In questo contesto, la strategia a lungo termine del settore sarà cruciale per mantenere e rafforzare la presenza italiana oltre oceano, confermando la qualità e la tradizione che contraddistinguono il made in Italy.