I produttori russi, nel tentativo di consolidare la posizione del settore vinicolo nazionale e proteggere il mercato interno, stanno facendo pressioni per un aumento significativo dei dazi fino al 200% sull’importazione di vino dai Paesi membri della Nato, tra cui l’Italia, una delle nazioni più rinomate nel settore vinicolo. Questa richiesta rappresenta un’ulteriore mossa nel complesso gioco geopolitico ed economico che coinvolge i rapporti tra Russia e Occidente.
Nel contesto attuale, dove le tensioni internazionali spesso si traducono in battaglie commerciali, l’arma dei dazi diventa una delle principali leve di pressione. Mentre l’Unione Europea considera l’opzione di imporre dazi più elevati sulle esportazioni russe, i produttori russi mirano a proteggere il proprio mercato domestico imponendo barriere tariffarie significative sul vino proveniente dai Paesi della Nato.
L’effetto di questo possibile aumento dei dazi sarebbe duplice: da un lato, rappresenterebbe una minaccia per le esportazioni vinicole italiane in Russia, mettendo a rischio un importante settore dell’economia italiana. Dall’altro lato, potrebbe rafforzare l’autosufficienza economica della Russia nel settore vinicolo, incoraggiando la produzione e il consumo interni. È interessante notare come la guerra commerciale tra Russia e Occidente assuma contorni sempre più complessi, coinvolgendo settori che vanno oltre quello tradizionale della produzione di beni militari. In questo caso, il vino diventa un simbolo di potere economico e una pedina nelle negoziazioni tra le due parti.
Le richieste dei produttori russi non si limitano all’aspetto tariffario: essi chiedono anche una maggiore presenza dei vini russi nei punti vendita e nei ristoranti, cercando di aumentare la quota di mercato interna a discapito delle importazioni straniere. Questo riflette un trend globale verso il protezionismo economico, con molte nazioni che cercano di favorire i produttori nazionali e ridurre la dipendenza dalle importazioni. La situazione evidenzia la complessità delle relazioni economiche internazionali e la loro interconnessione con la politica e la geopolitica. L’aumento dei dazi sul vino rappresenterebbe solo un capitolo in una storia più ampia di tensioni e rivalità tra Russia e Occidente, con implicazioni che vanno ben oltre il semplice commercio di vino.
Secondo le analisi condotte dall’Osservatorio Uiv-Ismea basate sui dati Istat, nel corso del 2023 l’export complessivo del vino italiano ha mostrato una tendenza al ribasso, con il Prosecco che ha giocato un ruolo di spicco nel settore, registrando un notevole aumento e sorpassando addirittura lo Champagne in Francia.
In particolare, i vini rossi hanno subito un calo più marcato, con una diminuzione dell’8% per le Dop e del 6% per le Igp. Questa tendenza si è riflesso anche sulle esportazioni di vini comuni in bottiglia, che hanno registrato una contrazione del 9%, contribuendo così a delineare una situazione complessivamente difficile per il settore.
L’export del vino italiano ha mostrato una netta divisione tra i risultati all’interno e all’esterno dell’Unione Europea. Mentre all’interno dell’UE si è registrato un aumento, al di fuori dell’UE si è verificata una contrazione, con alcuni mercati chiave come gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Svizzera e il Canada che hanno mostrato tendenze negative. La Germania ha evidenziato una significativa crescita delle importazioni di vino italiano, soprattutto nello sfuso, mentre altri importanti mercati hanno registrato una diminuzione delle esportazioni.
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