Il consumo di vino tra i giovani è un tema che preoccupa da anni il settore vinicolo. Comprendere le ragioni per cui questa fascia d’età consuma meno vino rispetto alle generazioni precedenti è una sfida complessa, quasi paragonabile alla risoluzione di un cubo di Rubik. Le variabili in gioco sono molteplici, e il fenomeno è il risultato di una combinazione di fattori culturali, economici e di mercato.
Da una parte, la comunicazione nel mondo del vino si è rivolta per decenni a un pubblico più adulto, trascurando i linguaggi e le abitudini delle generazioni più giovani. I messaggi promozionali sono spesso legati a valori di tradizione, raffinatezza e convivialità, che non sempre risuonano con i giovani, i quali tendono a privilegiare prodotti e marchi che incarnano innovazione, sostenibilità e immediatezza.
Dall’altra, è fisiologico che ogni generazione cerchi di distinguersi dalla precedente, non solo nelle scelte di vita, ma anche nelle abitudini di consumo. A ciò si aggiunge un panorama di mercato sempre più competitivo, in cui birre, spirits e soprattutto cocktail stanno guadagnando terreno, grazie alla loro versatilità e alla capacità di adattarsi a diverse occasioni di consumo.
Un altro elemento che pesa è la crescente popolarità delle bevande analcoliche, sempre più scelte dai giovani per motivi di salute, di gusto o semplicemente per aderire a tendenze sociali come il mindful drinking, che promuove un consumo consapevole e ridotto di alcol. Questo trend evidenzia un cambiamento culturale significativo, dove il piacere di bere si accompagna a un’attenzione maggiore verso il benessere fisico e mentale.
Un aspetto cruciale, almeno in Italia, è il ruolo del reddito disponibile nel determinare le abitudini di consumo. Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) e NIQ Italia, presentata al Simei – fiera dedicata alle tecnologie per enologia e distillazione – i principali consumatori di vino appartengono alla fascia degli over 55, una generazione con figli ormai indipendenti e con un reddito superiore alla media nazionale. Questa fascia rappresenta il nucleo centrale degli acquirenti, spendendo circa 1,83 miliardi di euro all’anno, pari al 60% della spesa totale per il vino. Questi dati evidenziano come il consumo di vino sia strettamente legato alla disponibilità economica.
Le famiglie giovani, invece, sono molto più contenute nella spesa per il vino. Le coppie con figli, che rappresentano circa 7,8 milioni di nuclei, contribuiscono solo al 24% della spesa complessiva, spendendo in media cinque volte meno rispetto agli over 55. Ancor meno significativa è la quota di spesa delle famiglie under 55 senza figli, che rappresentano meno del 18% del totale. Questo quadro riflette chiaramente come il vino venga percepito come un bene non essenziale, soprattutto in un contesto economico dove i giovani sono costretti a fare scelte di consumo più attente.
Tra le tendenze più evidenti nelle abitudini di consumo, spicca il successo dell’aperitivo, un momento ormai consolidato che attraversa tutte le generazioni. L’aperitivo rappresenta oggi un’occasione chiave per il consumo di alcolici e si conferma un rito trasversale: non riguarda solo i giovani della Generazione Z e i Millennials, ma coinvolge anche la Generazione X e i Boomer. Secondo i dati dell’indagine, l’aperitivo copre il 34% delle occasioni di consumo per i giovani tra i 25 e i 34 anni, il 36% per i 35-44enni e circa il 30% per chi ha più di 45 anni. Questo fenomeno sottolinea come l’aperitivo sia diventato uno spazio sociale privilegiato, capace di attrarre consumatori di tutte le età.
Parallelamente, si osservano cambiamenti significativi nelle tipologie di vino più consumate. I dati indicano un calo costante dei vini rossi, mentre le categorie in crescita sono i vini bianchi e gli spumanti. Quest’ultimi, in particolare, hanno superato i vini fermi in termini di preferenze: il 63,4% dei consumatori sceglie spumanti, contro il 61% che opta per i vini fermi. Questo sorpasso è legato principalmente alle mutate occasioni di consumo, con gli spumanti che si rivelano più adatti per momenti informali come l’aperitivo.
Un’analisi più approfondita sulle bollicine evidenzia come i vini prodotti con il metodo Charmat o Martinotti, tra cui il Prosecco, siano i veri protagonisti di questa categoria. Il loro successo è sostenuto non solo dalla versatilità, ma anche dalle promozioni nella grande distribuzione, che ne attenuano l’impatto dell’inflazione sui prezzi, rendendoli accessibili a un pubblico più ampio. Il prezzo, dunque, gioca un ruolo fondamentale nella scelta dei consumatori, specialmente tra i più giovani.
La crescente popolarità del Prosecco non si limita al consumo diretto. Questo vino è diventato anche la base ideale per alcuni dei cocktail più amati. Tra i dieci drink più richiesti nel settore horeca, spicca lo Spritz, un classico intramontabile in costante crescita tra tutte le fasce d’età. Anche l’Hugo e il Bellini, entrambi a base di Prosecco, si confermano tra i preferiti. Questa tendenza evidenzia come la mixology stia contribuendo al successo degli spumanti.
Un aspetto interessante riguarda l’equilibrio tra consumo diretto e uso nei cocktail. Non è chiaro quanti degli spumanti metodo Charmat vengano consumati “lisci” e quanti miscelati, ma è evidente che la mixology sta giocando un ruolo significativo. Per i produttori di vino, collaborare con i bartender potrebbe rappresentare una strategia efficace per promuovere i vini Doc e Docg, aumentando la loro presenza nei locali. Tuttavia, resta il problema del drink cost, che premia spesso prodotti più economici, a discapito dei vini Dop italiani.
Per capire a fondo le dinamiche di consumo dei giovani, è indispensabile considerare il loro reddito disponibile. Secondo il rapporto “Giovani 2024: bilancio di una generazione” del Consiglio Nazionale Giovani, elaborato su dati Inps, la retribuzione media lorda annua degli under 34 nel settore privato è di circa 15.600 euro (dati 2022). Questo corrisponde a un reddito mensile lordo di circa 1.300 euro, una somma che lascia poco spazio a spese discrezionali come l’acquisto di vino.
Molti giovani, inoltre, vivono ancora con i genitori o condividono appartamenti in affitto per contenere i costi. Le loro priorità di spesa sono spesso orientate verso beni essenziali, come affitto, mutuo o mantenimento dei figli, quando presenti. Questo contesto rende comprensibile il motivo per cui il vino, percepito come un bene non indispensabile, venga sacrificato a favore di altre spese.
Il settore vinicolo si trova davanti a una sfida cruciale: riconquistare l’interesse dei giovani, una fascia di consumatori sempre più lontana dal mondo del vino. Le strategie per raggiungere questo obiettivo dovranno includere una comunicazione mirata, capace di parlare il linguaggio delle nuove generazioni, e un’attenzione particolare al rapporto qualità-prezzo, considerando le limitazioni economiche di questa fascia di pubblico.
Puntare su prodotti come spumanti e cocktail a base vino potrebbe essere la chiave per attrarre i giovani, sfruttando occasioni di consumo come l’aperitivo e collaborando con i professionisti della mixology. Solo attraverso un approccio innovativo e inclusivo, il mondo del vino potrà tornare a essere rilevante per le generazioni future.
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