Negli ultimi anni, il panorama alimentare italiano ha subito una metamorfosi significativa, specialmente nel settore della pasta. Se in passato la pasta di grano duro era considerata insostituibile, oggi le alternative a base di legumi, cereali e pseudocereali stanno guadagnando terreno nei consumi degli italiani. Varianti come maccheroni di ceci, penne ai lupini, fusilli al farro, linguine di avena e persino spaghetti alla spirulina stanno conquistando le tavole del Bel Paese.
Secondo le stime di Niq, il mercato delle paste alternative ha superato i 163 milioni di euro di vendite annue. Sebbene questo numero possa sembrare modesto rispetto ai 981 milioni di euro della pasta di semola tradizionale, è significativo considerando che è stato raggiunto in un arco di tempo relativamente breve, circa un decennio, con una crescita costante del 2,4% solo nell’ultimo anno. Questo indica chiaramente che gli italiani stanno abbracciando un nuovo modo di consumare la pasta, più attento alle esigenze nutrizionali e alle preferenze dietetiche.
L’interesse crescente per le paste alternative è dovuto in gran parte all’innovazione nel settore. Anna Caterina Tagliabue, market research director della società di ricerca Eumetra, afferma: “Negli ultimi anni, la pasta secca si è rinnovata ‘dal di dentro’, introducendo nuovi ingredienti e nuove elaborazioni”. Questo cambiamento è stato guidato da due fattori principali:
Il percorso verso una maggiore attenzione alla salute è iniziato con la diffusione della pasta integrale, che rappresenta ancora oltre il 90% dei volumi di vendita, generando più di 87 milioni di euro. La valorizzazione di cereali tradizionali, come il grano Cappelli, e speciali, come il kamut, ha permesso di promuovere anche la biodiversità in tavola.
Un altro elemento che ha riacceso l’interesse per le paste alternative è il grano saraceno, un pseudocereale noto per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. L’Italia importa oltre il 90% del fabbisogno nazionale di grano saraceno, tradizionalmente coltivato in diverse regioni italiane, come Valtellina e Alto Adige. Questo pseudocereale è stato reintrodotto sul mercato per soddisfare la crescente domanda di farine senza glutine.
Il boom del mercato gluten free ha rappresentato un catalizzatore significativo per lo sviluppo delle paste alternative. Negli ultimi quattro anni, il valore delle paste gluten free è aumentato del 32%, mentre il volume ha visto un incremento del 24%. Oggi, la pasta senza glutine vale quasi 64 milioni di euro e continua a crescere a doppia cifra. Tra le diverse tipologie, le paste di riso stanno riscuotendo grande successo, favorite da un abbassamento dei prezzi.
Non solo gli ingredienti sono cambiati, ma anche le modalità di lavorazione e preparazione della pasta. Con uno stile di vita sempre più frenetico, le aziende hanno dovuto adattarsi, offrendo versioni pronte in 2-4 minuti. Produttori come Granoro e Andalini hanno sviluppato processi innovativi per garantire un prodotto che risponda alle esigenze di rapidità senza compromettere la qualità.
Un esempio di innovazione è rappresentato da Pasta al cubo, la prima pasta fermentata artigianale d’Europa, realizzata da Palombo. Questa pasta è ottenuta attraverso un processo di fermentazione con lievito madre e semola di grano duro biologica, venduta anche nei punti vendita Conad.
L’emergere di queste nuove tipologie di pasta non è solo una risposta alle tendenze alimentari, ma rappresenta anche una possibilità di diversificazione per gli agricoltori italiani, incentivando coltivazioni più sostenibili e diversificate. Con l’attenzione crescente verso la salute e il benessere, il mercato della pasta alternativa sembra destinato a espandersi ulteriormente, rispondendo alle nuove esigenze e preferenze di una popolazione sempre più consapevole.
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