Negli ultimi tempi, si è intensificata una controversia che ha visto il vino diventare il bersaglio di una vera e propria crociata contro l’alcol. Ci si chiede: l’alcol fa male come il fumo? È giusto paragonare il consumo di vino a quello di sostanze come l’eroina? Questa retorica sembra aver preso piede, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, dove il vino, simbolo di cultura e convivialità, viene demonizzato in nome di un salutismo che si basa su dati statistici generali, privi di contestualizzazione e di un’analisi più approfondita.
Ricordiamo che la legge Sirchia, approvata nel 2003 per vietare il fumo nei locali pubblici, ha suscitato un acceso dibattito che ha attraversato decenni. La legge ha portato a una battaglia tra favorevoli e contrari, ma alla fine ha avuto un impatto positivo sulla salute pubblica. Oggi, però, ci si trova in un contesto in cui il vino, un elemento fondamentale della nostra cultura, viene messo in discussione in modo sproporzionato. L’allora ministro Sirchia ha dichiarato che i ristoratori, inizialmente contrari, hanno finito per riconoscere i benefici della legge. Tuttavia, il vino non ha nulla a che fare con il fumo passivo e con i suoi pericoli.
L’alcolismo e la cultura del vino
Il vino ha accompagnato l’umanità sin dai tempi antichi, e la sua storia è ben documentata. Le problematiche legate all’alcolismo hanno iniziato a emergere nel XVIII secolo, soprattutto in contesti di proletariato urbano e nelle nascenti società americane, dove l’alcol era visto come una sorta di “medicina sociale”. Tuttavia, questa visione riduttiva ignora le molteplici sfumature del consumo di vino, che non è solo abuso, ma anche un simbolo di socialità e convivialità.
Superato il periodo di crisi del primo Novecento, il vino è diventato un elemento di condivisione e cultura. Dalla metà degli anni Ottanta, il mercato del vino ha subito una vera e propria rivoluzione. Secondo i dati del 2015, la produzione è scesa da 77 a 47 milioni di ettolitri, mentre il valore nominale della produzione è aumentato significativamente, passando da 4.200 milioni di euro nel 1986 a 9.400 milioni nel 2015. Questo indica una trasformazione qualitativa e quantitativa del nostro modo di produrre e consumare vino, con un aumento della qualità che ha portato a una crescita della cultura del bere consapevole.
La guerra contro il vino e le statistiche
In questo contesto di trasformazione, appare strano e persino ingiustificato il recente attacco al vino. Le statistiche sulla salute e il consumo di alcol si sono moltiplicate, ma spesso non tengono conto delle differenze culturali e sociali legate al vino, in particolare in un paese come l’Italia. Assimilare il vino ai superalcolici è un’operazione fuorviante. Il vino ha una sua identità culturale che non può essere paragonata a quella di drink ad alta gradazione alcolica.
Ci sono affermazioni che sostengono che un consumo moderato di alcol possa ridurre l’aspettativa di vita. Ad esempio, secondo studi recenti, un drink al giorno potrebbe ridurre la vita media di circa tre mesi. Tuttavia, come ha osservato il giornalista Mattia Ferraresi, ogni attività umana comporta rischi e benefici, e vivere nel costante timore di ogni piccolo eccesso è una forma di psicosi che non solo è dannosa, ma priva di senso.
La psicosi sociale e la ricerca di notorietà
Oggi, il dibattito sul vino è diventato un terreno di scontro tra opinioni estreme. Chi si esprime contro il vino trova spesso una visibilità immediata sui social media, alimentando polemiche e dibattiti accesi. D’altro canto, chi si schiera a favore del vino non è da meno. Questa dinamica genera una sorta di “competizione” su chi riesce a esprimere opinioni più forti e provocatorie, in un circolo vizioso che premia l’eccesso e la polarizzazione.
La questione che sorge spontanea è: ha davvero senso schierarsi “pro” o “contro” il vino? Se c’è un senso, questo è legato più alla ricerca di visibilità sui social media che a un reale dibattito sull’argomento. L’ipocrisia di chi demonizza il vino, mentre ignora altri problemi sociali e sanitari, è lampante. È fondamentale ricordare che il vino, al di là delle sue implicazioni alcoliche, è parte integrante della nostra cultura e della nostra storia.
Un interrogativo culturale
Il vino rappresenta un momento di convivialità, un legame con la nostra terra e le nostre tradizioni. Non possiamo permettere che una visione distorta e superficiale del consumo alcolico metta in discussione tutto ciò. La vera sfida consiste nel trovare un equilibrio tra la consapevolezza dei rischi legati al consumo di alcol e il riconoscimento del valore culturale e sociale del vino. In un mondo che sembra sempre più incline alla polarizzazione, è essenziale promuovere un dialogo costruttivo e informato, che tenga conto delle molteplici sfumature di un tema così complesso e ricco come quello del vino. La vera battaglia non è contro il vino, ma per una comprensione più profonda e articolata delle nostre scelte quotidiane e del loro impatto sulla nostra vita e sulla nostra società.