Il mondo dello sport è fatto di sacrifici e dedizione, sudore e disciplina, ma per alcuni la fine di questo capitolo segna l’inizio di un’altra grande avventura.
Questo è il caso di Jury Chechi, leggenda della ginnastica che, dopo aver incantato il mondo con le sue incredibili performance olimpiche, ha intrapreso un nuovo percorso: quello della produzione vinicola.
La sua transizione da atleta a produttore di vini è stata più naturale di quanto si possa pensare, perché la passione per il vino era già presente, come rivela lui stesso: “Ho sempre avuto piacere nel degustare vini buoni” ha detto in un’intervista alla Gazzetta dello Sport.
Passione che poi si è materializzata nell’agriturismo Colle del Giglio a Ripatransone, nelle Marche, aperto nel 2013. Azienda che è dotata anche di centro benessere e ristorante, e di una cantina che produce vini importanti.
“Quando abbiamo iniziato con l’azienda agricola, l’abbiamo impostata anche sulla produzione di vino e da lì – dice Chechi – la passione si è trasformata anche in una competenza in materia di enologia. Ho due ettari di vigna, facciamo 40mila bottiglie e molte vanno per il ristorante” dice Chechi.
Ammette di andare poco in cantina, ma per il semplice fatto che ha un enologo molto bravo a cui ha dato le indicazioni: “Il vino lo vogliamo fare in vigna, ogni anno ne abbiamo uno diverso perché l’uva cambia a seconda del clima. Addirittura due volte non abbiamo vendemmiato perché l’uva non era buona, ma vogliamo un vino di qualità e che rispetti l’andamento della natura” ha affermato nell’intervista.
Chechi si impegna a mantenere vive le tradizioni locali, continuando a coltivare varietà autoctone come il Pecorino e la Passerina per il bianco, mentre per il Rosso Piceno il Sangiovese.
“Lavoriamo sempre in acciaio, però da quest’anno abbiamo deciso di fare il biologico, anche se l’abbiamo sempre fatto ma non potevamo etichettarlo“.
Alla domanda se esistesse un vino Chechi o un vino degli anelli, Jury Chechi ha affermato di aver fatto un’etichetta I cinque cerchi, per ricordare le Olimpiadi e che è andata piuttosto bene, ma preferisce non associare la sua identità di atleta a quella di produttore di vino.
“Non mi piace mischiare il vino con quello che ho fatto nella ginnastica – ha commentato – Rispetto chi lo fa come operazione di marketing, però io non penso di dare maggiore credibilità a un vino in questo modo”.
Infine Chechi ricorda i giorni della sua carriera sportiva, quando un bicchiere di vino era un lusso proibito: “Durante la preparazione l’alcol era vietato”. Oggi, però, il vino è diventato parte integrante della sua identità e del suo impegno verso una nuova sfida, quella di portare avanti l’eredità vitivinicola delle Marche.
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