La Campania, storicamente nota per le sue tradizioni vinicole, sta vivendo una fase di significativa trasformazione. Secondo i dati del 2024, la regione ha prodotto 614mila ettolitri di vino, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Questo è un segnale chiaro di come il vino campano stia guadagnando terreno non solo sul mercato nazionale, ma anche a livello internazionale, contribuendo in modo consistente al fatturato dell’export italiano, che ha superato gli 8 miliardi di euro con quasi 22 milioni di ettolitri spediti all’estero.
In questo contesto, la provincia di Salerno emerge come un vero e proprio laboratorio di innovazione. Qui, la frammentazione produttiva non è vista come un limite, ma piuttosto come un’opportunità per le aziende di sperimentare e adottare pratiche più moderne e sostenibili. La diversità dei territori, che spazia dalla Costiera Amalfitana a zone interne come il Cilento, offre un patrimonio vitivinicolo unico, caratterizzato da varietà autoctone e metodi di produzione tradizionali che si intrecciano con nuove tecnologie.
Una ricerca realizzata dal Punto Impresa Digitale della Camera di Commercio di Salerno, in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli e il Consorzio Vita Salernum Vites, ha mappato questa evoluzione. L’indagine ha coinvolto 31 aziende vinicole della provincia, rivelando un panorama per lo più composto da ditte individuali (58,2%) e piccole società a gestione familiare (83,9%). Nonostante la dimensione contenuta dei vigneti – il 42,3% ha una superficie compresa tra 5 e 10 ettari – molte di queste aziende puntano sulla qualità, con l’83,9% che produce vini DOP o IGP e un terzo che ha ottenuto la certificazione biologica.
Tuttavia, la digitalizzazione nel settore vitivinicolo salernitano è ancora in una fase iniziale. Solo il 3,2% delle aziende può essere considerato un “Campione Digitale”, mentre il 64,5% è classificabile come “Apprendista”, utilizzando strumenti digitali di base come social media, e-commerce e pagamenti digitali. A fronte di questa situazione, si notano anche segnali positivi:
Andrea Ferraioli, presidente del Consorzio Vita Salernum Vites, sottolinea l’importanza di sfruttare questa opportunità: «Le aziende della nostra provincia sono piccole e distribuite in un territorio ampio, da Positano a Sapri. Abbiamo la possibilità di puntare su DOC territoriali, come quella della Costa d’Amalfi, e di fare sistema. Il digitale può aiutarci a cooperare, raccontare meglio il nostro valore e distinguerci sui mercati».
Un tema cruciale emerso dalla ricerca riguarda le competenze. Il 48,4% delle aziende intervistate ha segnalato la mancanza di competenze interne necessarie per affrontare l’innovazione. Solo il 9,7% ha partecipato a corsi di formazione su Impresa 4.0, mentre sfide come problemi di connettività (32,3%) e l’assenza di consulenza specializzata (41,9%) ostacolano ulteriormente il progresso.
Andrea Prete, presidente di Unioncamere e della Camera di Commercio di Salerno, evidenzia l’importanza della formazione per colmare questo gap: «La carenza di competenze digitali e green è uno dei principali fattori di mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Per questo motivo stiamo investendo sulla formazione post-diploma attraverso gli ITS e su iniziative come il PidMed, che offrono un supporto concreto alle imprese».
La sfida che si presenta per i produttori di vino campano è quindi non solo tecnologica, ma anche culturale. Superare l’isolamento, gestire i dati in modo integrato e rendere la sostenibilità parte integrante dei processi aziendali sono obiettivi ambiziosi ma necessari. Nonostante le difficoltà, molte aziende, in particolare quelle guidate dalle nuove generazioni, stanno dimostrando una forte propensione verso modelli più innovativi e sostenibili. Con un patrimonio vitivinicolo così ricco e variegato, la Campania è pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua storia vinicola, all’insegna dell’innovazione e della qualità.
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