Il vino in lattina arriva in Italia, tutto quel che bisogna sapere

Un approfondimento per conoscere meglio i vini in lattina, sapere chi li produce in Italia e amati per la loro praticità

Il vino in lattina, un tempo considerato un’eresia, sta guadagnando terreno anche nel Vecchio Continente, inclusa l’Italia, dopo essersi affermato nei mercati vinicoli del Nuovo Mondo. Sebbene il fenomeno non sia ancora di grande portata e ci siano dubbi sul suo potenziale commerciale, le scelte di alcuni produttori di vini premium di adottare questo formato sono degne di nota.

Il vino in lattina approda in Italia

Analizziamo i dati: secondo Grand View Research, una società americana di consulenza e ricerche di mercato, il mercato dei vini in lattina è destinato a crescere del 13,2% nel periodo dal 2021 al 2028, raggiungendo un volume d’affari di 570 milioni di dollari entro la fine del decennio.

Sebbene questa cifra sia modesta rispetto al mercato vinicolo globale, stimato in 424 miliardi di dollari annui, rappresenta un sottosettore in forte crescita. I vini frizzanti sono il segmento più rappresentato in questa categoria.

I cosiddetti “canned wines” stanno avendo successo in Nord America, ma è l’Asia a mostrare il maggiore potenziale di espansione. Gli acquisti avvengono prevalentemente nella grande distribuzione, ma il futuro sembra orientato verso l’e-commerce, con una rapida crescita delle vendite online.

Il vino in lattina arriva in Italia, tutto quel che bisogna sapere
Il vino in lattina arriva in Italia, tutto quel che bisogna sapere – https://www.perladelgarda.it/ – Vinamundi.it

 

In Italia, si potrebbe parlare di un “ritorno al futuro” quando si tratta di vino in lattina, poiché negli anni ’80 c’era già stato un tentativo, riuscito, di utilizzare questo formato.

Un esempio fu la Cantina Giacobazzi del modenese che, nel 1982, lanciò 8 e ½, un rosso e un bianco frizzante in lattina. Il prodotto ebbe successo, ma, come spiega Alberto Giacobazzi, amministratore delegato e responsabile commerciale di Donelli Vini, le difficoltà burocratiche spensero l’entusiasmo: il Ministero dell’Agricoltura dell’epoca non rinnovò i permessi per l’inlattinamento.

Oggi, il lavoro della Giacobazzi continua con il Gruppo Donelli Vini, che genera il 6% del suo fatturato di circa 30 milioni di euro dalla vendita di vino in lattina. Questo include soprattutto Lambrusco e altri vini frizzanti, ma Donelli ha investito anche in vini fermi come lo Chardonnay.

Un’altra realtà emiliana è la Cantina Sgarzi Luigi che crede nel vino in lattina dal 2002, producendo 13 milioni di pezzi all’anno, pari al 15% del suo fatturato. Anche qui, la maggior parte dei vini sono frizzanti, ma ci sono anche vini fermi con denominazioni IGT come il Terre di Chieti, sia bianchi che rossi, molto apprezzati nei mercati esteri.

In particolare, il Moscato italiano in lattina ha conquistato Giappone e Corea del Sud. Per quanto riguarda i vini premium, la Cantina Sgarzi ha lanciato il progetto Villa Francesca Merlot Italia: 250 ml di vino rosso fermo da uve Merlot, con 15 gradi alcolici. La titolare, Francesca Sgarzi, assicura che il vino rimane integro anche dopo due anni.

La premiumizzazione dei vini in lattina sembra essere la chiave del successo per chi investe in questo formato: vini di alta qualità, sostenibilità e un packaging accattivante puntano a conquistare i Millennial e la Generazione Z, meno interessati al vino e alle sue storie tradizionali.

ZAI, un’azienda veronese, sta scommettendo su questa idea, dedicandosi interamente alla produzione di vino in lattina e utilizzando uve locali come Glera, Moscato Giallo, Corvina, Cabernet e Merlot.

ZAI vanta anche lo standard Equalitas, la certificazione di sostenibilità di Valoritalia nel settore vitivinicolo, e offre una scelta vegana per i suoi prodotti. La comunicazione è altrettanto innovativa: ogni lattina è dedicata a un personaggio stile fumetto, la cui storia è raccontata sul web e sui social dell’azienda.

Uno dei claim della cantina veneta ZAI è “ottimo per due calici”. La quantità di vino in una lattina – solitamente 200 o 250 ml – è una leva di vendita significativa, soprattutto in seguito ai cambiamenti di abitudini durante il periodo pandemico e post-pandemico: consumo domestico, acquisti online, gradazione alcolica più bassa e un uso moderato dell’alcol legato a concetti di salute e benessere. Inoltre, una confezione “individuale” garantisce maggiore igiene.

Questi fattori sono emersi da una ricerca condotta qualche anno fa da Robert L. Williams, fondatore di WICresearch.com, una società specializzata nel segmento dei vini in lattina. Le sue osservazioni sembrano ancora valide oggi.

Il vino in lattina è ideale per diverse situazioni di consumo: feste all’aperto, spiagge, parchi, piscine e barche a vela. L’apertura a linguetta è certamente più pratica rispetto al cavatappi. Tuttavia, la praticità non è la motivazione principale per la scelta del vino in lattina – è infatti al quarto posto secondo l’indagine – mentre il gusto e la qualità della bevanda sono molto più importanti, dimostrando che per i giovani, meno legati alla cultura tradizionale del consumo del vino, la lattina non compromette la bontà del contenuto.

Un altro punto di forza nella comunicazione dei vini in lattina è la sostenibilità. L’alluminio è riciclabile all’infinito: l’85% del materiale utilizzato a livello globale proviene dal riciclo, richiedendo solo il 5% dell’energia necessaria per la produzione originale, rispetto al 40% per la plastica e al 10% per il vetro.

Inoltre le lattine sono leggere e occupano poco spazio, riducendo l’impatto ambientale dei trasporti. Come per altre bevande, l’interno delle lattine di vino è rivestito con uno strato protettivo per evitare il contatto diretto con l’alluminio. Tuttavia, nel caso del vino, gli strati protettivi sono quattro, rispetto all’unico strato utilizzato per le bevande analcoliche.

Inoltre, il vino destinato alle lattine deve avere bassi livelli di SO2 (solfiti), il che spiega il consumo più rapido di questi prodotti. La ridotta presenza di anidride solforosa rende i vini in lattina più “naturali”. Come specifica Enartis, un marchio internazionale nel settore dei prodotti enologici e dell’assistenza tecnica, non tutti i vini sono adatti alla lattina. Il rivestimento serve a evitare che il vino, a causa del suo pH e acidità, corrode l’alluminio. Pertanto, se un vino è destinato a essere contenuto in una lattina, la scelta deve essere fatta a monte, utilizzando tecniche enologiche appropriate durante la vinificazione.

Anche Perla del Garda, cantina di Lonato guidata da Giovanna Prandini ha accettato la sfida del vino in lattina con Perledellago, una novità che guarda alle giovani generazioni di consumatori che hanno un difficile approccio al vino, anche se lo apprezzano, ad esempio come ingrediente della mixology. Dal punto di vista enologico, si tratta di un vino a base di uve Turbiana, identitario del territorio e certificato. Non rientra nella denominazione perché il disciplinare non contempla, al momento questo formato.

“Lo abbiamo concepito – spiega Giovanna Prandini – in omaggio al “pirlo”, il classico aperitivo bresciano che secondo la ricetta De.Co, approvata recentemente dal Comune di Brescia, prevede l’utilizzo di un vino fermo: in questo caso un prodotto a grado alcolico contenuto, pensato per un pubblico prettamente giovanile fin dal packaging, studiato e disegnato da mia nipote Alessia Prandini, con un dosaggio da 0,25 che si ricollega al quartino consumato un tempo nelle osterie in un mix fra tradizione e contemporaneità”.

L’obiettivo dell’azienda è quello di accettare senza snobismi le sfide poste da nuovi target che si affacciano sul mondo del vino. La produzione attuale è di 20mila lattine con l’obiettivo di quintuplicarla aggiungendo al formato da 25cl un secondo formato da 20cl per il vino frizzante.

“L’auspicio – aggiunge Prandini – è che il prodotto possa essere inserito nel disciplinare Garda Doc e crediamo che la confezione in alluminio possa veicolare un nuovo messaggio di freschezza, di praticità e di sostenibilità, dato che la lattina è riciclabile al 100%”.

L’azienda, che di recente ha ottenuto la certificazione Equalitas, aggiudicandosi anche nel campo della sostenibilità il posto di pioniera sul territorio, produce 250mila bottiglie (tra Garda, Valtenesi e Lugana Doc) su 45 ettari per un fatturato di circa 2 milioni, in crescita di 300mila euro nel 2023.

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