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Il vino europeo in crisi: l’allerta sui livelli di TFA cresce

Un nuovo allarme si diffonde tra i filari d’Europa: anche il vino è contaminato da TFA, un composto tossico di origine chimica legato all’uso dei pesticidi PFAS. A lanciare l’allerta è il network internazionale PAN Europe (Pesticide Action Network), che ha recentemente pubblicato un report intitolato “Message in a Bottle”, in cui analizza 49 bottiglie di vino provenienti da dieci paesi europei. Tra queste, 39 erano recenti e 10 risalivano a prima del 1988. L’obiettivo dello studio era esplorare la presenza di acido trifluoroacetico (TFA), noto per la sua persistenza nell’ambiente e la potenziale tossicità per la salute umana.

I risultati emersi dallo studio sono allarmanti: il TFA è stato rinvenuto in tutte le bottiglie di vino prodotto recentemente, con una concentrazione mediana di 110 microgrammi per litro e picchi che raggiungono i 320 microgrammi per litro. Per contestualizzare questi dati, è importante notare che tali valori superano di oltre 100 volte le concentrazioni normalmente riscontrate nelle acque potabili europee. Al contrario, nessuna traccia di TFA è stata rilevata nei vini prodotti prima del 1988, confermando così che la contaminazione è un fenomeno recente e direttamente correlato all’uso intensivo di pesticidi nelle pratiche agricole moderne.

Cosa sono i PFAS e perché preoccupano

I PFAS, acronimo per sostanze perfluoroalchiliche, rappresentano una vasta famiglia di composti chimici utilizzati in svariati settori, dall’industria alla cosmetica, fino all’agricoltura. Questi composti sono noti per la loro resistenza alla degradazione ambientale, il che significa che possono accumularsi nel suolo e nelle acque, contaminando così anche le piante e i prodotti derivati, come il vino. Quando i PFAS vengono rilasciati nell’ambiente, si trasformano in TFA, una sostanza chimica estremamente persistente, che può risalire attraverso il suolo fino ai frutti, entrando nella filiera alimentare.

Diversi studi scientifici, tra cui quelli condotti dall’Università di Friburgo e dalla rete Global 2000, hanno collegato la presenza di TFA a gravi problemi di salute, tra cui disturbi riproduttivi e ormonali, nonché a rischi ambientali significativi. Questa situazione ha sollevato interrogativi sulla sicurezza dei prodotti alimentari e sulla salute pubblica.

Vini convenzionali vs biologici: c’è differenza?

Uno degli aspetti più interessanti dello studio condotto da PAN Europe è l’analisi delle bottiglie di vino biologico. Tra le cinque bottiglie esaminate, quattro non contenevano residui di pesticidi, tuttavia tutte presentavano tracce di TFA. Questo suggerisce che la contaminazione da TFA può avvenire anche indipendentemente dalle pratiche agricole dirette, attraverso l’acqua, l’aria o il suolo.

Tuttavia, è interessante notare che i vini con i maggiori livelli di TFA erano anche quelli con la più alta concentrazione di residui di pesticidi, evidenziando un legame diretto tra agricoltura convenzionale e contaminazione. Ciò invita a riflettere sull’importanza di adottare pratiche agricole più sostenibili e meno impattanti sull’ambiente.

Vino e TFA: il caso italiano

In Italia, tre dei vini analizzati nel report provenivano da regioni rinomate per la loro tradizione vinicola, come il Veneto, il Trentino e la Toscana. In particolare, un Chianti Sangiovese del 2022 ha mostrato un valore di TFA pari a 122 microgrammi per litro. Questo dato è particolarmente allarmante, soprattutto considerando che il nuovo limite europeo per il TFA nell’acqua potabile è stato fissato a solo 10 microgrammi per litro. Greenpeace ha sottolineato l’assenza di dati sistematici sull’inquinamento da TFA in Italia, sebbene siano già state trovate tracce di questo composto nelle acque potabili del nostro paese.

Cosa chiede PAN Europe

Il report di PAN Europe si conclude con un appello urgente all’Unione Europea, chiedendo di vietare immediatamente l’uso di pesticidi PFAS, tra cui il flutolanil, che è ancora in uso in alcune coltivazioni. L’auspicio è che durante il voto del maggio 2025, i paesi membri possano scegliere di tutelare la sicurezza alimentare e la salute pubblica, mettendo al bando queste sostanze pericolose.

Per il settore vitivinicolo europeo, che è da sempre legato alla terra, alla cultura e alla qualità, questa situazione rappresenta un campanello d’allarme che non può essere ignorato. È necessario un cambio di paradigma, che preveda:

  1. Maggiore trasparenza sui trattamenti agricoli.
  2. Investimenti nella viticoltura sostenibile e nelle pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente.
  3. Adozione di pratiche rigenerative e biologiche, che possano ridurre l’uso di pesticidi e migliorare la salute del suolo.
  4. Monitoraggi indipendenti e regolari per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti vinicoli.

Solo intraprendendo queste azioni sarà possibile difendere il valore del vino europeo nel mercato globale, assicurando prodotti che siano non solo di alta qualità, ma anche sicuri per il consumatore e in armonia con l’ambiente.

Redazione Vinamundi

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