Il vino a picco sul blu di Maiori

La ribalta della viticoltura della Costiera Amalfitana è stata negli ultimi tre lustri quasi esclusivamente appannaggio della qualità offerta dai vini di Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli, nati grazie al fattivo contributo dell’enologo Luigi Moio. In particolare gli appassionati più avvisati si sono abbeverati con fiumi di Costa d’Amalfi Furore Bianco Fiorduva, una certezza vendemmia dopo vendemmia, perché sempre di squisita bontà e prestanza aromatica e anche perché il primo vino in cui sono state messe insieme con maestria varietà locali, recuperate dall’abbandono, come ripoli, fenile e ginestra.

Brindisi con vino bianco in riva al mare
Immagine | Pexels @Pixabay

Altri hanno iniziato a provarci con buon successo e ottima prospettiva. Coloro che avessero curiosità possono attingere nella gamma dei vini di Reale, Monte di Grazia e Tenuta San Francesco nella sottozona Costa d’Amalfi Tramonti e in quella di Ettore Sammarco con cantina nella sottozona Costa d’Amalfi Ravello.

Raffaele Palma e il vino a picco su Maiori

Risultati convincenti sono arrivati anche da Raffaele Palma che in età matura ha deciso di stabilirsi a Maiori, investendo i proventi delle fatiche di una vita nel recupero di cinque ettari di vigne allocate sugli impervi terrazzamenti a picco sul blu di Maiori, un su e giù di muretti a secco, tra olivi, limoni sfusati, carrubi e cactus. Unico intento quello di domare con coraggio la struggente bellezza di questi luoghi dedicandosi a una vera e propria viticoltura eroica. Una visita vi confermerà che qui l’utilizzo del termine eroico non è affatto abusato.

Anche qui si punta sull’utilizzo del raro e locale vitigno ginestra – in questo caso in blend con biancolella e falanghina – per il quale nella scheda ampelografica redatta per l’iscrizione della varietà al Registro Nazionale presso il MIPAAF si scopre che “dalla letteratura ampelografica più antica si ritrovano come sinonimi della varietà nocella, genestrello, ginestrello. Da recenti ricerche di caratterizzazione molecolare basati sul DNA varietale, è risultato che a questa varietà, coltivata esclusivamente in Costiera Amalfitana, sono anche riferibili i vitigni biancazita e biancatenera, presenti nello stesso areale”.

Il Costa d’Amalfi Doc Bianco Puntacroce, blend di biancolella, falanghina e ginestra, si impose subito con garbo ed eleganza all’attenzione degli estimatori, già con le prime annate prodotte a partire dal 2010, caratterizzato da un olfatto sempre nitido e fragrante con evidenti connotazioni floreali di gelsomino e biancospino e buona spinta del carattere vegetale, e da un gradevole impatto gustativo, succoso e irresistibile nella sua semplicità, contraddistinto da un sapore chiaramente salino. Il protocollo di vinificazione vede l’utilizzo di solo acciaio in cui il prodotto sosta per almeno sei mesi sui propri lieviti. Dalla vendemmia 2018 il Puntacroce è stato affiancato da un altro vino bianco (chiamato Ciarariis), prodotto in pochissime bottiglie, ottenuto dalla vinificazione di sole uve ginestra che esprime solarità, equilibrio e freschezza.

Calici di vino bianco
Immagine | Pexels @Valeria Boltneva

Vitigni a bacca rossa tipici della zona

Tra i gradoni strappati ai costoni a picco sul mare trovano spazio anche i vitigni a bacca rossa tipici della zona: il piedirosso, il tintore e l’aglianico. Ne vengono fuori il Costa d’Amalfi Rosato Salicerchi (di contenuta intensità, con immediati ricordi di arancia rossa, bacche e radici, dal sorso vispo e scattante) e il Costa d’Amalfi Rosso Montecorvo (dal profilo aromatico più arcigno, di piccoli frutti e spunti vegetali, con sorso vitale, rustico e fruttato).

Se siete astemi provate l’olio extravergine di oliva, anche questo prodotto recuperando olivi abbandonati e impiantando piante giovani sui terrazzamenti vista mare, garantendo nell’impianto le cultivar tipiche del territorio come la rotondella, la carpellese e l’ogliarola, affiancandole agli onnipresenti frantoio e leccino.

Gestione cookie