Il mondo del vino sta imparando a reagire ai cambiamenti climatici guardando anche indietro, per trarre ispirazione dalla tradizione colturale italiana.
Una parte della soluzione è il ritorno all’agriforestazione e alla coltura promiscua: dalla vigna monocultura, dove la vite si estende per decine di ettari in solitaria, si dovrebbe passare a un modello dove le piante di vite sono in simbiosi con altre specie arboricole coerenti con l’ambiente esterno.
“Alberi e siepi miste fanno da frangivento e attenuano la forte irradiazione solare, i picchi di calore e le gelate tardive – afferma Stefano Lorenzi, membro di Climbcare, rete di imprese internazionale che intende valorizzare il lavoro dell’arboricoltore – Un bosco genera fresco in estate e trattiene aria mite in inverno regolando il microclima del circondario; le sue foglie restituiscono humus al suolo, mentre le radici attivano meccanismi microbiologici fondamentali, aumentando la fertilità del terreno e la sua capacità di assorbire acqua, evitando il ruscellamento”.
C’è da dire che, nei vigneti vicini ai boschi, si rileva una maggiore varietà di lieviti sulla pruina dell’uva e un miglioramento del controllo biologico, riducendo la necessità di pesticidi.
Tra le cantine italiane che svolgono il lavoro di agriforestazione troviamo Poderi Colla, che nel 2012 hanno piantato 1200 alberi. A fianco della produzione dei vini del territorio come Dolcetto e Nebbiolo d’Alba, si trova il Pinot Nero Campo Romano: nel 1969 Tino Colla trascorse un periodo di studio e lavoro in Borgogna e al suo ritorno l’amico di famiglia Luciano Degiacomi volle realizzare, nella tenuta di Bricco del Drago, una vigna di Pinot Nero che, successivamente, divenne proprietà della famiglia Colla.
Al Castello di Grumello (Valcalepio Doc, provincia di Bergamo) ci sono 15 ettari vitati all’interno di una tenuta molto più vasta con un intenso programma di impianto di alberi da frutto e il ripristino dei boschi, valorizzando e selezionando le essenze del sottobosco e la gestione de seminativo, oltre a un sistema complesso di recupero delle acque.
La gamma delle etichette del Castello di Grumello copre l’intero spettro delle uve presenti nel territorio bergamasco alcune delle quali, presenti fin dagli anni ’60 del secolo scorso nei vigneti della tenuta, hanno aperto la strada alla rinascita del settore vitivinicolo bergamasco con la creazione della Doc Valcalepio.
Parliamo in particolare delle uve per i vini rossi, caratterizzati dal taglio bordolese – Merlot e Cabernet Sauvignon – che costituiscono il patrimonio ampelografico più ricco del Castello.
Tra i 15 ettari dell’azienda ci sono anche Chardonnay e Pinot Grigio – l’uvaggio classico della Doc Valcalepio Bianco – e Pinot Bianco. L’attenzione alla sostenibilità e alle nuove pratiche agronomiche del Castello di Grumello ha poi dato vita a un vino da vitigni resistenti a base Bronner e Johanniter, i cosiddetti PIWI, ma l’azienda si è anche presa cura, negli anni, di un vitigno autoctono che era praticamente sparito.
Si tratta del Merera, un rosso che racconta un’altra storia della vitivinicoltura bergamasca. Chiude un rosso dolce, il Moscato Passito, prodotto con le celebri uve Moscato di Scanzo, uno dei rarissimi moscato a bacca rossa, un vino davvero unico anche per la sua limitata produzione
Precursone e ispiratore per molti arboricultori è stato Josko Gravner nella sua Oslavia in Friuli-Venezia Giulia. Anche nel mondo del Prosecco ci sono oasi di cogestione albero-vite, come la dimora ad Asolo Luca Ferraro con il suo vigneto Monfumo da cui nasce il Vecchie Uve.
Infine, sull’appennino tosco emiliano, Simone Menichetti di Terre Alte di Pietramala ha messo la vigna con Pinot Nero e Pinot Grigio al centro di un ecosistema che comprende bosco, ortaggi e legumi, coinvolgendo come clienti tanti ristoratori dell’alta qualità.
“Questo è il podere della mia famiglia, dei miei zii che non avevano figli – afferma Simone Menichetti – Un podere dove sono cresciuto e dove è nata la passione per l’agricoltura. Qui poi stava andando tutto in malora, perché il più giovane dei miei zii ha 78 anni, poi 84 e 87 anni. Allora mi sono detto: ci provo a realizzare il mio sogno da bambino, quello di avere un’azienda per conto mio».
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