Il Merlot toscano ha una storia affascinante e complessa, che si intreccia con le trasformazioni della viticoltura italiana. Per capire il suo ruolo attuale, è fondamentale considerare le due fasi principali dell’introduzione dei vitigni francesi in Italia, come evidenziato da Attilio Scienza. La prima fase si colloca nella metà dell’Ottocento, quando la nobiltà iniziò a piantare varietà internazionali per rispondere a un mercato in espansione. La seconda fase, invece, avvenne negli anni ’60, coincidente con la fine della mezzadria, portando a un piano di impianto e alla rivalutazione del Sangiovese, insieme all’introduzione di varietà come Cabernet e Merlot. Questo ha dato vita a un’identità vinicola toscana sempre più forte, alimentata dalla creazione di nuove denominazioni d’origine.
Negli ultimi anni, il vino toscano ha affrontato sfide significative, come il crollo del mercato americano, che ha costretto molte cantine a cessioni importanti. Tuttavia, il riscatto della viticoltura è avvenuto grazie all’emergere dei primi Super Tuscan, che hanno spostato l’attenzione dal Sangiovese a vini con un appeal internazionale.
Il Merlot e il cambiamento climatico
Oggi, il Merlot rappresenta una delle sfide più grandi al cambiamento climatico. Tradizionalmente visto come un vitigno “docile”, il Merlot sta affrontando una trasformazione dovuta sia alle mutazioni climatiche che alle nuove tendenze di consumo. Le cantine toscane stanno adottando pratiche innovative, tra cui:
- Anticipo della raccolta
- Minore tostatura durante l’affinamento
Nonostante l’allarmismo in Italia riguardo alla sopravvivenza del Merlot, a livello internazionale il vitigno continua a ricevere punteggi elevati e prezzi di mercato significativi.
Eccellenze del Merlot toscano
Nel panorama enologico, ci sono molte etichette di Merlot toscano che si sono distinte. Critici come Robert Parker e Jancis Robinson hanno elogiato vini come:
- Redigaffi di Tua Rita (Suvereto)
- Messorio di Le Macchiole (Bolgheri)
- L’Apparita di Castello di Ama (Chianti)
- La Ricolma di San Giusto a Rentennano
- Galatrona di Petrolo (Valdarno)
- Baffonero di Rocca di Frassinello (Maremma)
Questi vini, molto apprezzati all’estero, rappresentano una fetta significativa dell’export toscano.
Le sfide future del Merlot
Negli ultimi quindici anni, l’Italia ha visto una drastica riduzione della superficie coltivata a Merlot, passando da 28.209 ettari nel 2005 a 18.840 ettari nel 2022. Nonostante ciò, molti wine bar e ristoranti italiani stanno riscoprendo il Merlot, specialmente nell’offerta a calice, dove la sua piacevolezza è sempre più ricercata. Le sfide climatiche, come la siccità e le alte temperature, non colpiscono solo il Merlot ma anche il Sangiovese.
Le storie di successo, come quelle di Messorio e Masseto, dimostrano che il cambiamento è già in atto. Nel 2015, Le Macchiole ha intrapreso un percorso innovativo, migliorando la bevibilità dei suoi vini, con risultati positivi per le annate 2020 e 2021. Luca Rettondini, enologo di Le Macchiole, sottolinea l’importanza di interpretare il Merlot come un vitigno versatile, capace di adattarsi a diverse situazioni.
Marco Balsimelli, direttore e enologo di Ornellaia e Masseto, condivide una visione ottimistica per il futuro del Merlot. Egli suggerisce la ripiantumazione in alcune aree e sottolinea che, sebbene il Merlot possa essere meno problematico del Cabernet Franc, richiede comunque una cura adeguata. La chiave per affrontare le sfide climatiche risiede nella selezione di porta-innesti e nell’adozione di pratiche viticole meno invasive.
Le recenti verticali di Masseto e Messorio, che includono l’ultima annata disponibile, la 2021, dimostrano che il Merlot toscano ha tutte le potenzialità per continuare a brillare nel panorama vinicolo mondiale, mantenendo viva l’attenzione e l’ammirazione di appassionati e critici.