Il 2023 è uno degli anni peggiori di sempre per il vino italiano

Numeri alla mano, si sapeva già che questa sarebbe stata una delle vendemmie più povere (in termini quantitativi) di sempre.

Prospettive che hanno poi trovato un pieno compimento nelle settimane successive con mutilazioni produttive importanti in tutta Italia.

Uno scenario che gli stessi produttori non hanno esitato a definire tragico e che a oggi riecheggia nelle più recenti dichiarazioni dell’Unione Italiana Vini.

“Rischio corto circuito per il vino italiano in questo 2023″ si legge in un comunicato, “che si sta manifestando come il più complicato degli ultimi 20 anni”.

La vendemmia 2023 in numeri

Le stime produttive della vendemmia 2023 si stanno rivelando ancora più basse di quanto anticipato nei mesi scorsi (-12%), con buona parte del Nord (Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia in particolare) e diverse regioni del Sud (Abruzzo e Sicilia su tutte) che hanno fatto registrare raccolte inferiori a quanto preventivato a causa di eventi grandinigeni e del caldo persistente, il quale ha asciugato le uve”.

Vendemmia manuale Etna DOC
Foto | Instagram https://www.instagram.com/etnadocwine/ – Vinamundi.it

La vendemmia 2023 sarà dunque segnata da una scarsità complessiva di prodotto, eppure il mercato del vino sfuso pare paralizzato con un numero di contrattazioni che fa registrare un calo addirittura del 40% sulla media tradizionale, con prezzi che di conseguenza registrano forti pressioni a salire.

La lettura dell’Unione Italiana Vini, in questo caso, si concentra sulla posizione vulnerabile della parte industriale, minacciata dall’imperversare della speculazione.

“A causa dell’incertezza dettata dalla complicata situazione vendemmiale in questo frangente di mercato, abbiamo da un lato quotazioni di sfuso che tentano, con poco successo, un comprensibile rimbalzo dettato dalla scarsità di prodotto” ha spiegato il segretario generale di UIV Paolo Castelletti.

“Dall’altro – ha continuato – c’è un mercato della domanda, a partire dalla GDO, che non è disposto ad assorbirne la dinamica e che, anzi, chiede in molti casi la riduzione dei prezzi. Un paradosso, per le imprese del vino, accentuato da un commercio con l’estero in forte ripiegamento“.

Secondo i dati inerenti all’export di vino italiano verso l’area extraeuropea elaborati dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly, la tendenza ha ormai raggiunto decrementi tendenziali ormai quasi in doppia cifra nei volumi (-9%) e in recessione anche nei valori (-6%).

Spicca, tra i segni in rosso, la contrazione degli Stati Uniti, primo mercato al mondo, che nel corso degli ultimi mesi sono passati da da -4% (volume) a -12%, con gli spumanti tricolori a -16% e i fermi imbottigliati a -10%.

“Complessivamente, a eccezione della Russia, tutti i top 12 mercati terzi presi in esame segnano quantità in calo a partire, oltre che dagli Stati Uniti, da sbocchi chiave come RegnoUnito (-3%), Svizzera (-10%), Canada (-20%), Giappone (-16%), Norvegia (-13%), ma anche da piazze emergenti come Cina (-27%) SudCorea (-40%), Australia (-20%) e Brasile (-4%)”.

Per quanto riguarda l’Italia, nonostante gli investimenti fatti dagli agricoltori a tutela della salute dei vigneti, con un incremento dei costi di produzione che pesa sui bilanci delle aziende, ci sono regioni importanti come Sicilia e Puglia, che rappresentano oltre 1/5 di tutto il vino italiano, con perdite tra i filari fino al 40%, mentre in alcune zone tra Molise e Abruzzo si registra un crollo anche del 60% dei grappoli da raccogliere.
Uno scenario che vede la vendemmia in Italia partire da uve da spumanti Pinot e Chardonnay in un percorso che prosegue a settembre e ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone come Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo. Infine, la vendemmia nazionale conclude a novembre con le uve di AglianicoNerello su 658mila ettari coltivati a livello nazionale.
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