Negli ultimi anni, il mondo del vino ha subito un cambiamento significativo con l’emergere di una nuova categoria: i vini no e low alcol. Questo segmento sta guadagnando terreno in Italia, supportato da un crescente interesse dei consumatori e da investimenti strategici da parte di alcuni dei principali brand vinicoli. Secondo il settimanale Tre Bicchieri del Gambero Rosso, il mercato dei vini no e low alcol rappresenta attualmente circa l’1,5% dei consumi mondiali di vino. Questa tendenza è stata ulteriormente incentivata dal decreto del Ministero dell’Agricoltura, che ha aperto la strada a questa categoria, sebbene con alcune limitazioni.
Al centro di questo fenomeno ci sono nomi illustri del panorama vinicolo italiano, ciascuno con una propria visione e strategia riguardo ai vini no e low alcol. Alessandro Mutinelli, presidente e CEO di Italian Wine Brands, ha annunciato il lancio di tre nuovi prodotti a zero alcol, destinati principalmente ai mercati del centro-nord Europa. Questi includono:
Questi vini saranno inizialmente disponibili attraverso il loro negozio online Svinando. Mutinelli sottolinea che il segmento dei vini a bassa gradazione è visto come un’alternativa per chi desidera evitare alcol, senza rappresentare un rischio di cannibalizzazione per i vini tradizionali.
D’altra parte, Argea, un altro grande player del settore, ha già lanciato un’intera gamma di vini no alcol e ha registrato un notevole successo, con 500.000 bottiglie vendute nel 2024. Massimo Romani, amministratore delegato di Argea, ha evidenziato come la Germania, il Regno Unito e i paesi nordici siano i mercati più promettenti per le vendite. Romani ha anche espresso preoccupazione per l’esclusione dei vini dealcolati dalle denominazioni Dop e Igp, suggerendo che potrebbe limitare la competitività italiana a livello internazionale.
Anche le cooperative vinicole stanno esplorando il segmento dei vini no e low alcol. Mezzacorona ha recentemente lanciato Pinot grigio e Pinot grigio rosé con un contenuto alcolico ridotto. Francesco Giovannini, direttore generale di Mezzacorona, ha notato un crescente interesse sia da parte dei buyer che dei consumatori, sebbene i dati siano ancora preliminari. Le prospettive sono positive, considerando l’attenzione crescente verso le normative sul consumo di alcol, soprattutto in relazione alla guida e alla salute.
Cavit, un’altra cooperativa trentina, sta testando soluzioni zero alcol in vari mercati esteri, con un focus particolare sugli Stati Uniti. Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit, ha evidenziato che la domanda di vini con un minor apporto calorico è in aumento, indicando un cambiamento nelle preferenze dei consumatori.
Anche Caviro, pur non producendo attualmente vini no-low, guarda con interesse a questo mercato emergente. Giampaolo Bassetti, direttore generale di Caviro, ha sottolineato l’importanza di monitorare il settore, poiché la domanda di prodotti no e low alcol è in crescita e potrebbe presentare opportunità significative. Tuttavia, ha anche avvertito che il mercato italiano è ancora in una fase embrionale e che è necessario un approccio strategico per non perdere terreno rispetto ai competitor internazionali.
In netto contrasto con questa tendenza, Marchesi Antinori ha adottato una posizione di rifiuto nei confronti dei vini dealcolati e low alcol. Renzo Cotarella, amministratore delegato della storica azienda vinicola toscana, ha dichiarato che non vede i vini no-low come un’opzione per il brand, ma riconosce che potrebbero rappresentare un’opportunità per il vino italiano. Cotarella ha anche avvertito che la tradizione vinicola italiana deve essere preservata, sottolineando la necessità di avere definizioni chiare riguardo a questi nuovi prodotti.
Il panorama italiano dei vini no e low alcol è caratterizzato da visioni contrastanti. Mentre alcuni brand vedono nel segmento un’opportunità di crescita e innovazione, altri preferiscono mantenere il focus sui vini tradizionali. La questione dell’esclusione dei vini dealcolati dalle denominazioni Dop e Igp ha suscitato un acceso dibattito, con alcuni che sostengono che questa decisione limita la competitività dell’Italia, mentre altri la considerano una necessaria forma di tutela.
La situazione è in continua evoluzione e il mercato dei vini no e low alcol potrebbe crescere in modo significativo nei prossimi anni. Con un’attenzione crescente verso la salute e il benessere, i consumatori sono sempre più interessati a opzioni che offrano gusti simili ai vini tradizionali senza gli effetti dell’alcol. Il futuro di questo segmento dipenderà dalla capacità dei produttori di adattarsi alle nuove esigenze del mercato, mantenendo al contempo la qualità e la tradizione che caratterizzano il vino italiano.
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