Se non avete mai sentito parlare del “gusto di luce”, allora siete capitati nell’articolo giusto.
Oggi proveremo a fare chiarezza sul tema, andando alla scoperta di un aspetto che riguarda il vino al quale, talvolta, non si dà il giusto peso.
Quali sono le cause scatenanti questa reazione e cosa accade quando si verifica? Vediamolo insieme.
L’espressione “gusto di luce” si riferisce a un difetto organolettico presente nel vino.
Quando si parla di gusto di luce (o Goüte de lumière), quindi, si fa riferimento a un’imperfezione sensoriale.
Per comprendere appieno questo difetto, è necessario considerare che la principale causa è l’esposizione eccessiva alla luce.
Il gusto di luce, infatti, si riscontra principalmente nei vini conservati in bottiglie di vetro trasparente, tipicamente usate per vini bianchi, rosati e spumanti, ovvero bottiglie che offrono una protezione inferiore dalla luce rispetto a quelle più scure, provocando così delle alterazioni nelle caratteristiche del vino.
Ovviamente, questo difetto si presenta principalmente quando le bottiglie non vengono conservate nella maniera corretta.
È, infatti, importante ricordare che tutti i vini dovrebbero essere conservati al buio e lontano da fonti di luce per evitare l’emergere di questo problema.
Il solo seguire queste indicazioni, fa diminuire drasticamente il rischio di sviluppare il gusto di luce.
Se possono concorrere a produrre questo spiacevole effetto, perché allora si utilizzano ancora bottiglie di vetro trasparente per conservare molti vini?
Ciò accade principalmente per una questione di trasparenza ed estetica, ovvero per mostrare il colore del vino e suggerire così un consumo immediato.
Le bottiglie di vetro trasparente sono solitamente utilizzare per imbottigliare vini bianchi, spumanti e, occasionalmente, rosati, ovvero quei vini che non richiedono ulteriore invecchiamento e sono pronti per essere consumati subito.
È giusto però sottolineare che, se conservati correttamente, il rischio di sviluppare il gusto di luce può essere evitato anche in questi vini.
Come abbiamo visto, i vini bianchi e rosati, se esposti alla luce, possono subire un decadimento organolettico conosciuto come gusto di luce, soprattutto quando confezionati in bottiglie di vetro trasparente.
Questa alterazione è principalmente legata alla presenza di riboflavina, la quale, esposta alla luce, avvia il processo di fotodegradazione ossidativa degli aminoacidi solforati, come la metionina.
Tali processi chimici producono poi dei composti solforati volatili, che possono essere percepiti a soglie molto basse, conferendo al vino aromi sgradevoli di cavolo, lana bagnata, cipolla o aglio.
Non solo. L’alterazione fotochimica del sistema redox può causare il fenomeno noto come “browning”, ossia il cambiamento del colore del vino dovuto a processi ossidativi che coinvolgono i composti cromatici.
Per gestire questo problema in cantina, è quindi fondamentale intervenire con precisione durante il processo di vinificazione.
Per farlo, è indispensabile prestare attenzione a quattro fasi ben precise:
Prendendo in considerazione i punti appena elencati, ne deriva che, una gestione oculata di ogni fase del processo di vinificazione può contribuire significativamente a prevenire il gusto di luce e garantire la qualità organolettica del vino.
Il gusto di luce causa un’alterazione delle proprietà sensoriali del vino, manifestandosi sia visivamente che olfattivamente e gustativamente.
Nonostante il termine faccia riferimento al gusto, questo difetto è quindi rilevabile anche attraverso altri sensi.
Il gusto di luce si evidenzia attraverso un cambiamento nel colore del vino, che tende a scurire, e porta all’emergere di aromi sgradevoli.
Come spiegato nel paragrafo precedente, la luce, quando colpisce il vino, avvia una serie di reazioni chimiche, che conducono alla formazione di molecole e composti che compromettono la qualità del vino.
Studi chimici hanno dimostrato che tali reazioni si verificano quando il vino, conservato in bottiglie trasparenti, è esposto a fonti luminose con lunghezza d’onda compresa tra i 370 nm e i 450 nm.
È importante precisare che la manifestazione del gusto di luce è direttamente correlata alla concentrazione di riboflavina nel vino, che a sua volta dipende dal tipo o dalla varietà di uva.
Si ritiene che il difetto possa manifestarsi con concentrazioni di riboflavina intorno ai 50 µg/L.
Al di sotto di questa soglia, il difetto non dovrebbe essere percepibile.
Inoltre, va considerato che la riboflavina può essere prodotta anche durante l’autolisi dei lieviti, processo che si verifica soprattutto durante il processo di affinamento “sur lies”, tipico dei vini spumanti prodotti con metodo classico.
Ciò rende i vini spumanti particolarmente sensibili alla comparsa del gusto di luce.
Per prevenire l’emergere di questo difetto organolettico, è essenziale conservare il vino in un luogo buio e al riparo da qualsiasi fonte di luce.
Non solo. Molti produttori adottano anche altre strategie per evitare questo problema.
Alcuni utilizzano pellicole trasparenti da applicare sulle bottiglie per proteggere il vino dalla luce. Altri invece implementano tecniche durante il processo di vinificazione per limitare la concentrazione di riboflavina o per mitigare l’effetto della luce.
Tra queste tecniche, le più comuni includono l’aggiunta di additivi come la bentonite o tannini gallici.
Tutte soluzioni che hanno come unico scopo quello di proteggere il vino, cercando di mantenerne inalterato colore e soprattutto gusto.
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