La Barbie-mania dell’estate appena trascorsa ci ha fatto riscoprire e amare il colore rosa, ma in fondo ha sempre avuto il suo fascino.
Il mondo del vino lo sa molto bene e lo dimostrano i tanti eventi di settore dedicati e soprattutto le mosse dei Consorzi più avanguardisti.
Con 2 milioni di bottiglie di rosé (10% dell’intera DOCG) e un crescente apprezzamento negli anni, il Franciacorta punta tutto sulla versione rosata, affinandosi e scegliendo di tarare il colore dei suoi vini con l’aiuto della scienza esatta.
Perché è di sfumature che si parla, nuance più o meno delicate che saranno determinate da un parametro analitico, entrato di diritto a far parte del disciplinare di produzione.
Quindi non è solo una questione di occhio umano, ma un metodo scientifico che i Comitati intersettoriali di ottica (CIE) e quelli enologici (OIV) hanno individuato nella colorimetria tristimolo, il sistema usato nell’elaborazione delle immagini digitali (i fotoritocchi), realizzando un modello basato su una scala che esprime il colore come risultante dei livelli di rosso e giallo, intensità, sfumature e luminosità.
Si tratta di una svolta importante, di cui beneficeranno tecnici di cantina, uffici commerciali, grafici e reparti di comunicazione e marketing, dal momento che sarà così possibile valutare tonalità e peculiarità delle diverse annate, in attesa di capire se c’è anche, o meno, una correlazione tra colori e sapori.
“Siamo orgogliosi di essere tra le denominazioni più innovative, introducendo un metodo per primi in Italia, come accaduto nel 2008 con la riserva vendemmiale”, è il commento di Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta, il quale rimarca l’importanza di essere “al passo con i tempi, portando avanti di pari passo i concetti di innovazione e sostenibilità.”.
Il risultato è il frutto di 12 anni di studi, mentre l’obiettivo è stato definire un recinto di colori ammessi: “L’interpretazione del colore nelle commissioni di assaggio è sempre stato un aspetto problematico, ora abbiamo un metodo oggettivo, sono sicuro che sarà uno spunto non solo per altre denominazioni italiane, ma anche a livello europeo”, aggiunge.
Diversi sono stati, in passato, gli step con cui il Franciacorta ha scelto di essere una moderna denominazione vitivinicola: Docg dal 1995, ha approvato nel 2002 le deroghe all’obbligo di indicare la menzione specifica tradizionale Docg in etichetta, nel 2008 ha introdotto la riserva vendemmiale, nel 2011 ha definito le modalità di pressatura delle uve.
Un percorso che è andato di pari passo con l’attenzione agli aspetti ambientali, come dimostra il recente progetto Fare.su.bio, iniziativa avviata per raccogliere dati sulla composizione chimico-fisica e biologica dei suoi de delle biodiversità, mettendoli in relazione con le scelte gestionali e che ha coinvolto diversi atenei e una ventina di aziende sul territorio lombardo, sotto la direzione del Consorzio Franciacorta.
E la commissione di degustazione? Non verrà eliminata e continuerà a fare il suo mestiere, però i parametri minimi di ammissibilità di un Franciacorta Rosé, dal punto di vista del colore, non verranno più decisi da loro.
“La volontà è quella di tutelare i consumatori e stabilire un vincolo minimo di colore per i rosati, così il consumatore non potrà più avere dubbi” afferma Flavio Serina, responsabile ricerca e sviluppo Consorzio.
La modifica, pubblicata lo scorso 6 settembre in Gazzetta Ufficiale, scaduti i 30 giorni per gli eventuali ricorsi inizia ora l’iter definitivo per il decreto attuativo.
L’introduzione di un parametro analitico per la determinazione del colore dei Franciacorta Rosé non è l’unica modifica che entrerà in vigore in futuro nel disciplinare: in epoca di global warming verrà tolta la limitazione nell’impiantare vigneti oltre i 550 metri, la produzione per ettaro da 120 quintali per ettaro scende a 100 e i vini indicati come Satèn non potranno più essere riqualificati a Franciacorta e viceversa.
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