Una recente indagine condotta dalla Fondazione Edmund Mach (Fem), ha permesso di identificare nei vini bianchi e spumanti Trentodoc una nuova classe di composti naturali finora inesplorati
Kokumi è una delle parole più in voga del momento, recentemente introdotta nel vocabolario enologico. È diventata uno dei termini più ricercati nelle ultime settimane. Se sei curioso di sapere cosa significa effetto kokumi e a cosa si riferisce il gusto kokumi, e a quali vini è associato.
Qui di seguito, esploreremo cosa si intende per effetto kokumi, chi lo ha scoperto, l’origine della parola e come l’effetto kokumi si manifesta nel vino.
Effetto Kokumi, ecco che cosa significa
Come riportato sul sito della Fondazione Edmund Mach, questi composti “interagendo con una proteina recettore sensibile al calcio, sono in grado di conferire una maggiore gradevolezza al palato, aumentando il gusto percepito e la pienezza e complessità del sapore”.
L’effetto che gli oligopeptidi generano al palato è chiamato kokumi, una parola giapponese che significa “ricco di sapore”. In giapponese, “koku” significa “ricco” e “mi” si traduce con “sapore”.
Gli oligopeptidi si generano nel corso della fermentazione alcolica come prodotto derivato dai lieviti coinvolti in questo processo. Curiosamente, questi composti si formano solo nel corso del processo di produzione del vino, mentre non si riscontrano in altre bevande, anch’esse ottenute tramite fermentazione.
Inoltre, gli oligopeptidi sono stati individuati in tutti i vini Trento D.O.C. analizzati, seppur in diverse quantità. Insomma, l’effetto kokumi può spiegare, in parte, la gradevolezza e la piacevolezza di questo grandissimo spumante italiano.
In ogni caso, la ricerca della FEM rappresenta il punto di partenza per ulteriori studi su questi composti e sul loro effetto sulla percezione sensoriale del nettare. Nei prossimi mesi, altri vini verranno analizzati e si cercherà di capire come i produttori possono influenzare e controllare la concentrazione di oligopeptidi per accrescere la qualità e la percezione delle proprietà gustative dei propri vini.
Siamo solo agli albori, ma la scoperta dell’effetto kokumi potrebbe portare ad importanti modifiche nei tradizionali processi di produzione del vino e avere un notevole impatto sul mercato enologico.
A Davis si è discusso anche dei problemi legati all’invecchiamento dei vini: la dottoressa Silvia Carlin (Unità di Metabolomica, FEM) ha presentato i risultati di una ricerca che ha simulato l’invecchiamento del vino spumante in condizioni “forzate” a temperature elevate, confrontandoli con una conservazione naturale in una cantina professionale.
Questa ricerca migliora significativamente il potenziale predittivo dei test di invecchiamento accelerato, effettuati su vini spumanti giovani, per selezionare quelli più adatti a un invecchiamento prolungato, come le Riserve.
Con i cambiamenti climatici, diventa sempre più difficile garantire che una partita di vino base spumante abbia le caratteristiche necessarie per produrre una Riserva senza sviluppare note indesiderabili, come idrocarburi o sapone di Marsiglia.
Il metodo sviluppato dalla FEM è un utile strumento di controllo qualità, ora disponibile per i produttori di vini Riserva, per selezionare le partite da lavorare e scartare quelle che potrebbero risultare difettose.