L’introduzione di dazi al 25% sui prodotti dell’Unione Europea da parte degli Stati Uniti rappresenta una minaccia seria per il settore vitivinicolo italiano. Secondo l’Unione italiana vini (Uiv), gli effetti diretti di questa misura potrebbero portare a perdite per circa 470 milioni di euro, una cifra che, considerando anche gli effetti indiretti sull’export globale, potrebbe raggiungere il miliardo di euro. Questo allarmante dato è emerso dall’Osservatorio di Uiv, il quale ha ribadito le sue preoccupazioni in merito alla situazione attuale, contraddicendo le affermazioni di alcuni esperti e del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha espresso fiducia nella resistenza dei prodotti di alta qualità italiani.
Il rischio per il 98% del vino italiano
Un aspetto cruciale del rapporto di Uiv è l’allerta riguardo al fatto che l’80% del vino italiano esportato negli Stati Uniti potrebbe subire un “salto nel buio” a causa dei dazi. Questo segmento rappresenta l’ossatura dell’export italiano verso il mercato americano, con un volume di 2,9 milioni di ettolitri su un totale di 3,6 milioni. La maggior parte di questi vini appartiene a categorie di prezzo medio-basso, rendendoli particolarmente vulnerabili a fluttuazioni di prezzo.
Analisi dei segmenti di mercato
Nel mercato statunitense, il vino italiano è suddiviso in diverse fasce di prezzo. Ecco una panoramica delle categorie:
- Segmento “popular”: Circa 350 milioni di bottiglie con un prezzo franco cantina di 4,18 euro al litro, che si traduce in un prezzo al consumo che non supera i 13 dollari a bottiglia.
- Segmento “luxury”: Rappresenta solo il 2% del volume totale esportato e l’8% in termini di valore. Sebbene questi vini possano apparire più resistenti alle riduzioni di acquisto, evidenziano una vulnerabilità significativa per la maggior parte dei vini italiani.
- Prezzo medio all’export: Il prezzo medio per il vino italiano verso gli Stati Uniti è di 5,35 euro al litro. Solo il 30% dei vini “popular” si allinea a questa media, mentre oltre la metà di essi è sotto la soglia di 3,53 euro. Ciò implica che eventuali tariffe supplementari del 25% potrebbero spingere molti vini a migrare verso fasce di prezzo più alte, come quella “premium”.
Le varietà a rischio
Tra i vini italiani più esposti ci sono alcune varietà emblematiche come il Pinot Grigio, il Prosecco, il Chianti, il Lambrusco, il Moscato d’Asti e molti vini siciliani. Queste etichette, rappresentative della tradizione vitivinicola italiana, sono spesso il primo punto di contatto per i consumatori americani. Il segmento “premium”, che pesa per il 17% in volume sul totale dell’export, con un prezzo medio franco cantina di 8,80 euro al litro, non è attrezzato per assorbire un afflusso massiccio di vini provenienti da fasce inferiori, creando così un rischio significativo di saturazione e possibile svalutazione.
Un piano di contingenza necessario
Di fronte a questa crisi imminente, Uiv ha proposto un piano di contingenza articolato su tre livelli:
- Livello negoziale: Punta a escludere il vino dalle liste di prodotti soggetti a barriere commerciali in caso di possibili controdazi europei.
- Livello comunitario: Richiesta di misure compensatorie e di promozione a livello europeo.
- Livello nazionale: Prevede un’approfondita riflessione sul contenimento produttivo.
L’urgenza di un intervento coordinato è evidente, non solo per proteggere un settore vitale dell’economia italiana, ma anche per salvaguardare la ricca tradizione vitivinicola del Paese. Le sorti del vino italiano negli Stati Uniti non sono solo una questione economica, ma rappresentano un patrimonio culturale da tutelare e valorizzare. Con le attuali misure tariffarie, la situazione richiede attenzione e azioni tempestive per evitare conseguenze devastanti per l’export e, di conseguenza, per i produttori.