L’industria vinicola italiana si trova di fronte a una minaccia senza precedenti a causa dell’ipotesi di dazi statunitensi del 25% sui vini europei. Un’analisi dell’Unione Italiana Vini (UIV) stima che il potenziale danno per il settore potrebbe raggiungere circa 470 milioni di euro, considerando solo gli effetti diretti sulla domanda americana. Se si includono anche gli effetti indiretti sull’export globale, il danno potrebbe salire a quasi 1 miliardo di euro. Questa situazione ha generato forti preoccupazioni tra i produttori italiani, che temono una significativa riduzione della domanda per i loro prodotti.
L’analisi di UIV si discosta notevolmente dall’ottimismo del ministro per l’Agricoltura e la Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida. Il ministro sostiene che i vini di alta gamma non subiranno particolari ripercussioni dai nuovi dazi, in quanto non facilmente sostituibili con alternative più economiche. Tuttavia, UIV mette in guardia sul fatto che l’80% del vino italiano esportato negli Stati Uniti è a rischio, rappresentando una parte cruciale delle esportazioni italiane.
Al contrario, i vini di lusso, che rappresentano solo il 2% del volume totale delle esportazioni, potrebbero essere meno influenzati dalle variazioni di prezzo.
Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV, ha evidenziato il valore del vino italiano negli Stati Uniti, stimato in circa 2 miliardi di euro, che costituisce il 24% del totale delle spedizioni italiane nel mondo. Questi vini si contraddistinguono per un forte valore identitario e un eccezionale rapporto qualità-prezzo, elementi che hanno contribuito al successo del made in Italy enologico. Frescobaldi ha avvertito che le fluttuazioni di prezzo causate dai dazi potrebbero esporre l’offerta a migrazioni della domanda, danneggiando ulteriormente l’industria.
In risposta a questa crisi, UIV ha proposto un piano di contingenza articolato su tre livelli:
L’osservatorio di UIV ha inoltre segnalato che il prezzo medio di esportazione del vino italiano verso gli Stati Uniti è di 5,35 euro per litro. Solo il 30% dei vini “popular” è allineato con questa media, mentre oltre la metà dei vini venduti si colloca sotto la soglia di 3,53 euro. L’introduzione di tariffe supplementari del 25% potrebbe spingere questi vini nella fascia di prezzo “premium”, minacciando la loro competitività.
In questo contesto, anche Federvini ha unito le forze con altre associazioni europee per chiedere l’esclusione di vini e spiriti dalle misure ritorsive. La presidente di Federvini, Micaela Pallini, ha sottolineato l’importanza di proteggere la competitività delle produzioni italiane, evidenziando gli effetti devastanti dei dazi americani nel passato.
In un clima di crescente incertezza, il dialogo e la cooperazione tra Europa e Stati Uniti sono essenziali per garantire un futuro prospero e sostenibile per il settore vinicolo, un’industria che rappresenta non solo una risorsa economica, ma anche un simbolo della cultura e delle tradizioni italiane.
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