L’uomo ha a che fare con viti e vigneti da tempo immemore. Basti pensare che nella Bibbia Noè, sopravvissuto al diluvio universale, uscito dall’arca “approdata” sul monte Ararat per prima cosa pianta la vite: «Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna», si legge nella Genesi. Ma cosa si intende esattamente con questi termini?
Per capire cos’è un vitigno partiamo dalle differenze tra tre concetti che vengono spesso confusi: vite, vigneto e vitigno. La vite è la pianta dal cui frutto, l’uva, si fa il vino. Generalmente si tratta della vite europea (o nostrana) che cresce spontanea in Europa e nel bacino mediterraneo. Già Etruschi, Euganei, Latini e Sabini coltivavano la vite, un’arte poi perfezionata in epoca romana, mentre già nel Rinascimento inizia ad affermarsi la fama dei vini italiani. Nella viticoltura molta importanza ha l’altitudine, che varia a seconda della latitudine: così, se in Ungheria il limite massimo per la coltivazione è di circa 300 metri, sull’Etna si sale a ben 1300 metri.
Il vigneto è l’appezzamento di terra coltivato a vite, mentre il vitigno indica una particolare varietà di vite, dalle cui uve il vino assume le sue peculiarità (prendendone spesso anche il nome). Da uno stesso vitigno si ottengono vini di caratteristiche diverse: il Barbera ad esempio dà luogo al Barbera d’Asti, di Alba e del Monferrato, ma anche ai vini rossi dell’Oltrepò pavese.
I vini poi possono essere ottenuti da un solo vitigno: è il caso, restando tra i rossi, del Nebbiolo d’Alba e dei vini DOCG Barolo e Barbaresco, tutti ottenuti dal Nebbiolo, uno dei vitigni più pregiati d’Italia. Oppure possono derivare da uve di differenti vitigni: è il caso del Chianti, dove accanto al vitigno Sangiovese, presente almeno al 70 percento, possono comparire anche altri vitigni come Trebbiano toscano e Malvasia del Chianti. Per i vini bianchi i vitigni più diffusi sono appunto il Trebbiano e la Malvasia. Altri vitigni producono soltanto uve da tavola, quindi inadatte alla produzione del vino, come la varietà Italia.
Un’ulteriore distinzione riguarda i vitigni autoctoni e internazionali. Si definisce autoctona una varietà di vite coltivata nello stesso ambito territoriale di origine del vitigno stesso: si tratta quindi di un vitigno non trapiantato da altre aree. Un esempio è il Cannonau, che dà vita all’omonimo vino sardo. Il vitigno internazionale invece si è sviluppato e diffuso in zone del mondo diverse da quella di origine.
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