Si sente spesso parlare di durezze o durezza di un vino. Ma cosa significa esattamente? E cosa comporta?
Solitamente si può sentir parlare di durezza o durezze del vino durante la degustazione e l’esame gustativo del nettare. La durezza comprende un insieme di sensazioni che si percepiscono in bocca quando il nettare è giunto nel cavo orale. Le durezze sono sensazioni penetranti che pungono e colpiscono il palato, generando freschezza oppure secchezza. Può essere utile confrontare questo termine con la sensazione opposta, cioè la morbidezza del vino. Si intende un insieme di sentori che avvolgono, accarezzano e scaldano il palato, producendo percezioni setose o vellutate.
Ovviamente, un vino che provoca un’eccesso o una forte prevalenza di una delle due tipologie di sensazioni, rischia di risultare poco piacevole e gradevole al palato. A seconda del tipo di vino e di condizioni esterne come la temperatura di servizio, possono emergere maggiori durezze o maggiori morbidezze. Anche l’eccesso di morbidezza, però, rischi di far risultare il vino sgradevole.
Generalmente, si può affermare che le durezze sono maggiormente percepibili nei vini bianchi, anche nelle bollicine, serviti a temperature più basse rispetto ad altri vini. Infatti, le basse temperature esaltano le durezze del vino. In maniera opposta, la morbidezza è una sensazione esaltata nei vini rossi, serviti a una temperatura più alta.
Ecco quali sono le sensazioni che determinano la durezza del vino. Le durezze del vino sono in particolare 3: acidità, sapidità e tannicità. Il sentore di acidità dipende dalla presenza di acidi nel vino, come l’acido tartarico, l’acido malico e l’acido citrico. A seconda della quantità di queste sostanze disciolte nel nettare, si manifesta provocando una salivazione più o meno abbondante e sensazioni più o meno spiccate di freschezza.
La seconda durezza si lega invece alle sostanze minerali del vino. La sapidità tende a stimolare le papille gustative ed esaltare la percezione del gusto e dei sapori del vino. In più, assieme all’acidità, agisce per stimolare la salivazione determinando sensazioni di freschezza. Prendiamo come esempio il sale da cucina, che serve per esaltare i sapori di un piatto. Anche per i sali minerali il discorso è simile, ma se una pietanza troppo salata risulta sgradevole, allo stesso modo un vino troppo sapido diventa imbevibile.
Acidità e sapidità sono caratteristiche dei vini bianchi, mentre la tannicità dei vini rossi. Questa durezza è determinata dalla presenza dei tannini, sostanze che si trovano nelle bucce dei vinaccioli delle uve e che sono trasmessi al nettare con la macerazione durante la vinificazione. Queste sostanze determinano secchezza e rugosità al palato, chiamata astringenza. I vini rossi più corposi solitamente presentano maggiori quantità di tannini, infatti non sono mai serviti a basse temperatura, le quali esaltano la durezza provocando secchezza. Invece, i vini rossi più giovani, poco tannici, possono essere serviti a temperature più basse proprio perché non hanno molto tannini.
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