Nel Cinquecento, Firenze godeva di un contesto evidentemente meno burocratico, ovvero quando nacquero le buchette del vino, una tradizione ora rediviva e oggetto di polemiche nella Firenze del 2023. In quel periodo, le famiglie fiorentine ottennero dall’autorizzazione del Granduca di Toscana, Francesco I, di vendere il vino prodotto nei loro vigneti senza dazi, a condizione che questa attività avvenisse al minuto, direttamente presso la propria residenza principale e con una quantità non superiore a un fiasco alla volta. Oggi, i gestori dei locali fiorentini si lamentano del ritorno delle piccole finestre utilizzate per la somministrazione di vino, affermando che ciò costituisce una concorrenza sleale per la mescita e una violazione delle regole Unesco.
Il Presidente di Confcommercio Firenze, Aldo Cursano, ha espresso preoccupazioni riguardo agli assembramenti serali e al mancato rispetto delle regole Unesco, sottolineando che molti gestori si sentono penalizzati poiché rispettano le tasse e offrono spazi e servizi adeguati. L’Associazione Buchette del Vino, attiva dal 2015 proprio per salvaguardare e promuovere queste piccole e storiche opere architettoniche, ha risposto definendo la polemica come “solo invidia” e sottolineando il loro impegno nella salvaguardia e valorizzazione di queste peculiarità architettoniche.
Il presidente dell’Associazione, Matteo Faglia, ha spiegato che le buchette hanno attirato l’interesse di turisti da tutto il mondo, riportando l’attenzione su una tradizione altrimenti dimenticata. Ha evidenziato che le code e gli assembramenti a Firenze non sono dovuti alle buchette del vino, bensì a una serie di altre attrazioni turistiche presenti in città. In merito al rispetto del regolamento Unesco, Faglia ha affermato che la somministrazione dalle buchette non avviene di notte, evitando quindi conflitti con le restrizioni notturne. Ha inoltre sottolineato che le dieci finestrelle utilizzate sono collegate a attività preesistenti, ripristinate a spese degli esercenti stessi. Ha invitato il Comune a trovare una soluzione se sorgessero problemi o conflitti.
Il regolamento Unesco di Firenze, approvato dal Consiglio Comunale e aggiornato recentemente, vieta la somministrazione di alcol su strada dalle 21 alle 6 per evitare assembramenti e disturbi notturni. Esso impedisce anche la somministrazione diretta su suolo pubblico o da sporti prospicienti la pubblica via. Le buchette rappresentano quindi un caso di confine tra le regole attuali e la tradizione.
Nonostante le controversie, l’Associazione Buchette del Vino continua il lavoro di censimento e recupero delle finestrelle, che oggi superano le 300 in tutto il territorio regionale, di cui 180 a Firenze. Tra le altre località toscane, se ne contano 27 a Siena, 17 a Pistoia e 11 ad Arezzo e provincia. Una decina di quelle fiorentine è tornata a svolgere la loro funzione di somministrazione, recando nuova vita a una tradizione secolare.
Esempi di buchette del vino sono quella del locale Babae in via Santo Spirito o quella utilizzata dalla gelateria Vivoli, che durante il lockdown ha iniziato a vendere il gelato da asporto proprio dalla sua buchetta del vino, rispettando così il distanziamento sociale.
Una mostra dedicata a queste buchette è stata allestita nel mese scorso a Palagio di Parte, evidenziando la loro importanza storica nel commercio del vino della città. Tuttavia, rimane la sfida di conciliare questa tradizione unica con le normative attuali, tenendo conto del contesto contemporaneo e delle esigenze urbane.
Nessuna altra città al mondo può vantare un numero così elevato di antiche famiglie nobili legate alla produzione di vino come Firenze. Passeggiando per il suo affascinante centro storico e osservando i nomi dei sontuosi palazzi, ci si imbatte in cognomi illustri legati a questa nobile tradizione enologica: Antinori, Capponi, Frescobaldi, Ginori, Gondi, Contini Bonacossi e molti altri. Molti dei quali sono ancora attivi e prolifici.
Ed è proprio osservando alcuni di questi sontuosi edifici, che si possono notare delle particolari aperture a forma di tabernacolo, posizionate ad un’altezza accessibile. Queste aperture, conosciute come “buchette del vino”, erano i punti attraverso i quali veniva praticata la vendita del vino prodotto dalle famiglie nobili. Si trattava di autentiche botteghe in miniatura, perfettamente dimensionate per far passare un fiasco impagliato delle dimensioni di 23 x 36 centimetri. L’apertura di queste “botteghe in miniatura” consentiva alle famiglie nobili di interagire direttamente con il pubblico, promuovendo il loro vino e garantendo un canale di distribuzione diretta ai consumatori. Questa pratica non solo contribuiva all’economia delle famiglie nobiliari, ma consolidava anche il legame tra la nobiltà, il territorio e la produzione vinicola.
Questa pratica è rimasta in uso fino alla metà del Novecento. Successivamente, molte di queste buchette furono chiuse oppure modificate, trasformate spesso in cassette per la posta, per elemosina o per permettere performance artistiche di artisti di strada.
Purtroppo, la stragrande maggioranza delle persone non le nota, ma esse rappresentano una testimonianza preziosa della ricca tradizione vinicola della città e delle sue campagne.
Le “buchette del vino”,ì sono state così ribattezzate dall’allora sindaco di Firenze, Piero Bargellini, negli anni ’70. Per chi desidera approfondire l’argomento o vivere un’esperienza guidata alla scoperta di questo affascinante aspetto di Firenze, si consiglia di consultare il sito dell’Associazione, dove è possibile trovare informazioni dettagliate e un calendario delle visite guidate. Inoltre, sul sito del Comune di Firenze, nella sezione Open Data, è disponibile un dataset relativo alle buchette del vino della città, per coloro che desiderano approfondire ulteriormente questa affascinante parte della storia fiorentina.
Le tipologie di vino servite attraverso le buchette possono variare a seconda dei locali che le gestiscono. Solitamente, vengono offerti vini tipici della regione toscana e in particolare della zona di Firenze. Questi possono includere vini rossi come il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Vino Nobile di Montepulciano o il Morellino di Scansano, ma anche vini bianchi come la Vernaccia di San Gimignano o il Bianco di Pitigliano.
Se anche l’arte ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica, con la mostra allestita nella Sala Brunelleschi del Palagio di Parte Guelfa, che ha enormemente contribuito a mettere in evidenza l’importanza storica di queste strutture nel commercio del vino nella città di Firenze, forse è il caso di fermarsi a riflettere. Tuttavia, si pone la sfida di bilanciare questa tradizione unica con le normative urbane contemporanee, garantendo il rispetto delle regole e la convivenza armoniosa tra la tradizione secolare e il contesto attuale della città. Cosa ne pensano i fiorentini, e cosa ne pensano i turisti? Le svolte sulla vicenda sono da tenere monitorate.
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