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Barolo: si pensa a nuovo disciplinare tra innovazione e tradizione

Il Barolo, vino simbolo del Piemonte e del Made in Italy, si trova di fronte ad alcune criticità da affrontare per poter salvare la propria economia e reputazione a livello sia nazionale che internazionale.

Da una parte c’è la crescente commercializzazione low cost e l’imbottigliamento fuori dalla zona di produzione, mentre dall’altra ci sono questioni legate all’autenticità e alla tradizione vinicola: da qui nasce la necessità di creare un nuovo disciplinare del Barolo affinché si possa fronteggiare la svalutazione sul mercato.

Infatti la vendita di Barolo a prezzi stracciati in luoghi come gli autogrill e la produzione low cost all’estero hanno sollevato preoccupazioni sulla degradazione del prestigio del vino più amato delle Langhe.

Questa tendenza ha scatenato discussioni sulla necessità di regolamentazioni più stringenti per proteggere l’integrità e il valore del Barolo.

Il Barolo diviso tra tradizione e innovazione

Sicuramente un momento decisivo per il futuro del Barolo è previsto con la prossima successione alla presidenza del Consorzio del BaroloMatteo Ascheri, suo attuale presidente, lascerà il posto a un nuovo leader che dovrà affrontare la sfida di bilanciare tradizione e innovazione nella gestione del vino langarolo.

Photo by Marieke Kuijjer licensed under CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en)

Il focus sarà su questo nuovo disciplinare del Barolo che determinerà le norme per la produzione e l’imbottigliamento. Verrà incluso l’invecchiamento, la resa per ettaro, tutti i requisiti di altitudine e le restrizioni sull’etichettatura.

Gli stakeholder del settore si stanno attualmente riunendo per discutere e definire le norme con l’obiettivo di preservare la qualità e l’autenticità del Barolo.

C’è da dire che il settore sta assistendo anche a un cambiamento generazionale, con nuovi prodotti che portano idee fresche con approcci innovativi bilanciati con la tradizione.

Altro punto fondamentale è il riconoscimento dei cru, i micro territori specifici dove le uve vengono coltivate e questa mappatura potrebbe rafforzare il posizionamento del Barolo sul mercato, riducendo finalmente il fenomeno del low cost e promuovendo la qualità autentica del vino.

Il Barolo infatti, nonostante queste problematiche, continua a essere un forte esportatore, con una quota significativa del suo valore derivante dall’export.

La gestione delle denominazioni di origine e la promozione del brand Piemonte sono cruciali per il successo internazionale del Barolo.

Sicuramente la necessità di innovare mantenendo le tradizioni è fondamentale per il futuro del vino langarolo e la gestione dei cambiamenti nel disciplinare, l’adattamento ai nuovi mercati e la valorizzazione del territorio saranno determinanti per garantire che il Barolo continui a regnare come Re dei Vini.

La prossima fase nel mondo del Barolo richiederà un attento bilanciamento tra rispetto delle tradizioni e apertura all’innovazione, garantendo che il suo prestigio e la sua qualità rimangano inalterati nei mercati globali.

Cosa dice l’attuale disciplinare del Barolo

Il Barolo nasce nelle Langhe piemontesi, su terreni di origine geologica del Tortoniano, favorevoli alla coltivazione della vite e il Nebbiolo, il vitigno utilizzato per la sua creazione, è coltivato con metodi tradizionali come la potatura a Guyot e l’allevamento a spalliera.

Foto | Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani

La composizione calcarea e tufacea del suolo delle Langhe, formata circa 7 milioni di anni fa, fornisce l’habitat ideale per il Nebbiolo, producendo vini armoniosi, strutturati e longevi.

La storia del Barolo è legata alla nobiltà piemontese dell’Ottocento e alla sua capacità di produrre un vino ricco e armonioso, rinomato per la sua struttura e complessità organolettica. Ad oggi è protetto da un Disciplinare di Produzione che definisce rigorosamente le condizioni e i requisiti per la sua produzione.

Il disciplinare, che riconosce tre tipologie di Barolo – il Barolo standard, il Barolo Riserva, e il Barolo con menzioni geografiche aggiuntive – stabilisce che questi vini devono essere prodotti esclusivamente dal vitigno Nebbiolo.

La sua zona di produzione è limitata a specifiche aree collinari nei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, e parte dei territori di Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi nella provincia di Cuneo.

L’attuale disciplinare impone condizioni ambientali e di coltura dei vigneti tradizionali, inclusi i terreni argillosi e calcarei, giacitura collinare e altitudine tra i 140 e i 540 metri sul livello del mare.

Vengono specificati inoltre la densità d’impianto, le forme di allevamento, sistemi di potatura e il divieto di pratica di forzatura, stabilendo inoltre la resa massima di uva per ettaro e i titoli alcolometrici minimi per i vari tipi di Barolo.

Le regole permettono una maggior produzione in annate favorevoli, ma anche una riduzione in caso di annate sfavorevoli: i produttori che prevedono rese maggiori devono segnalarlo tempestivamente alle autorità competenti per i controlli necessari.

Inoltre la Regione Piemonte può stabilire, su proposta del Consorzio di Tutela, limiti di uva per ettaro inferiori a quelli normativi per bilanciare il mercato.

Può anche regolamentare le iscrizioni allo schedario viticolo per nuovi vigneti, influenzando la capacità produttiva della denominazione.

Le operazioni di vinificazione e invecchiamento obbligatorio devono avvenire nella zona delimitata, ma con possibilità di eccezioni in alcuni comuni specificati a condizione che gli stabilimenti dimostrino un legame di almeno quindici anni con i vigneti.

La resa massima dell’uva in vino finito è fissata al 70% per il Barolo e il Barolo Riserva, con una produzione massima di 56 hl/ha, ma se la resa supera il 75% il vino non può ottenere la denominazione di origine.

I vini Barolo devono essere invecchiati per un periodo minimo di 38 mesi (18 in legno), e i Barolo Riserva per 62 mesi (18 in legno), con immissione al consumo solo dopo il quarto e sesto anno dalla vendemmia.

Il colore deve essere rosso granato, dall’odore intenso, sapore pieno e asciutto, con titolo alcolometrico minimo di 13% vol.

Il Barolo può avere menzioni geografiche aggiuntive con regole specifiche per la designazione e presentazione, inclusa la dimensione dei caratteri in etichetta. L’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria.

Infine, il Barolo DOCG deve essere confezionato in bottiglie di forma albeisa o tradizionale, di vetro scuro e con chiusure ammesse dalla normativa vigente.

Le capacità delle bottiglie devono rispettare le leggi esistenti, con una capienza minima di 37,5 cl e massima di 2 litri, escludendo le bottiglie che possano ingannare il consumatore o danneggiare il prestigio del vino. Sono consentiti contenitori tradizionali di 6, 9, 12 e 15 litri per scopi promozionali, previa autorizzazione ministeriale.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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