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Approfondimento

Amari e bitter sono davvero la stessa cosa?

Scopri se amari e bitter sono davvero la stessa cosa. Analizziamo differenze, usi e origini di queste bevande spiritose

Quando entriamo in un bar, facciamo spesso una distinzione tra bitter e amaro che, in realtà, non ha una base concreta. Questa differenziazione è puramente italiana: mentre il termine bitter indica l’amaro in inglese, noi italiani lo associamo a un prodotto diverso dall’amaro tradizionale. Questa distinzione esiste perché tendiamo a dare una connotazione temporale ai due prodotti: il bitter è tipicamente associato all’aperitivo, mentre l’amaro è visto come un digestivo, grazie alla sua storia legata a preparati medicinali.

Tuttavia, dal punto di vista normativo, non esiste alcuna differenza tra bitter e amaro. La distinzione, che sembra tanto chiara in Italia, non esiste all’estero. Entrambi rientrano nella categoria delle “bevande spiritose di gusto amaro o bitter”, come stabilito dall’Unione Europea. Non ci sono differenze fondamentali nella composizione, ma solo nell’uso e nella tradizione associata ai due prodotti.

Amari e bitter: come si producono?

La produzione di un bitter prevede l’aggiunta di una miscela di aromi naturali – come spezie, fiori, frutti ed erbe – a un composto di alcol, che viene lasciato a macerare. Dopo la macerazione, il liquido viene filtrato, addolcito con zucchero e diluito con acqua fino a ottenere la gradazione alcolica desiderata. Infine, viene spesso aggiunto un colorante rosso. La produzione dell’amaro segue un processo molto simile, ma solitamente si usano coloranti diversi, come il verde o il marrone, per ottenere un effetto visivo differente.

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Come spiega Flavio Angiolillo, la differenza principale tra un bitter e un amaro risiede nel colore: “Un bitter è semplicemente un amaro rosso, mentre un amaro è un bitter marrone.”

In origine, però, le cose erano un po’ diverse. I primi amari venivano creati attraverso la macerazione di erbe e radici che conferivano al liquido il caratteristico colore scuro. Il bitter, invece, veniva chiarificato tramite distillazione e successivamente colorato di rosso. Oggi, il processo di produzione è molto più rapido ed economico, grazie all’uso di tecniche industriali moderne.

Dal punto di vista legislativo, non esiste alcuna distinzione tra bitter e amaro. Entrambi sono considerati “bevande spiritose di gusto amaro o bitter” e devono avere una gradazione alcolica minima del 15%. Il regolamento dell’Unione Europea stabilisce che queste bevande possono essere commercializzate con la dicitura “amaro” o “bitter”, a seconda delle preferenze del produttore.

Le infusioni alcoliche a base di erbe, radici e spezie sono nate con uno scopo preciso: la medicina naturale. In origine, gli amari erano utilizzati come rimedi officinali per favorire la digestione o stimolare l’appetito, soprattutto nei bambini. Questa lunga tradizione italiana si è evoluta nel corso dei secoli, trovando una nuova vita nei salotti del nord Italia durante l’avvento della mixology negli anni ’50. Gli amari erano serviti come digestivi a fine pasto, mentre i bitter divennero protagonisti della scena degli aperitivi grazie all’influenza americana.

Abbiamo avuto modo di esplorare la storia di questi prodotti con Marco Schiavo, della Distilleria Schiavo di Vicenza, una delle aziende storiche italiane. Schiavo spiega che sia i bitter che gli amari sono nati come prodotti medicinali. I bitter erano considerati delle panacee, con proprietà che derivavano dalle radici, dalle spezie e dalle piante utilizzate nell’infusione alcolica. Questa evoluzione li ha resi bevande molto popolari nella mixology, soprattutto negli aperitivi.

L’introduzione di bitter e amari come bevande di uso comune è legata alle loro straordinarie caratteristiche organolettiche. Gli estratti naturali utilizzati apportavano profumi e aromi che hanno contribuito a creare nuovi cocktail e drink capaci di stimolare l’appetito. Nel corso del tempo, i bitter hanno mantenuto la loro presenza nelle bevande miscelate, mentre gli amari sono diventati più dolci e accessibili, perfetti per essere consumati puri.

Nonostante questa evoluzione, la caratteristica principale del bitter è ancora la sua intensità amara, che lo rende ideale per essere miscelato con altri ingredienti nei cocktail. L’amaro, invece, grazie alla sua dolcezza, può essere consumato da solo, offrendo una conclusione perfetta a un pasto.

In definitiva, non esiste una reale distinzione tra bitter e amaro, se non nelle abitudini e nelle tradizioni. Entrambi sono bevande spiritose dal sapore amaro, utilizzate in momenti diversi della giornata: il bitter per l’aperitivo, l’amaro per il digestivo. Oggi, grazie alla loro versatilità e al loro ricco profilo aromatico, continuano a essere protagonisti della scena mixology italiana e internazionale.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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